BIANCA DE FAZIO
Da 13 anni la cooperativa sociale Dedalus lavora all’assistenza e alla protezione delle vittime del traffico di esseri umani. Donne, nella maggioranza dei casi. Costrette alla prostituzione. Vengono dall’Africa, ma, ora, anche dall’Europa comunitaria. Dal 2000 a oggi Dedalus ne ha contattate, in strada, nell’ambito del progetto “Fuori tratta”, 3.690. Un impegno che in molti casi ha permesso di avviare «percorsi di uscita dalle situazioni di violenza, sfruttamento, marginalità». Una esperienza della quale si parlerà oggi nel convegno, al Maschio Angioino alle 10, al quale parteciperanno i rappresentanti di Dedalus e della Caritas, il sindaco Magistris e l’assessore Gaeta. Nel convegno si prenderanno in esame anche i dati della relazione degli operatori sociali. Dati che raccontano come è cambiato, quanto a provenienza, la prostituzione in strada. Se quello delle donne provenienti dalla Nigeria rappresenta la gran parte del fenomeno prostituzione, la presenza delle albanesi ha subito notevoli cambiamenti, diminuendo e aumentando alternativamente, dal 2007, da quando la Romania è entrata nell’Ue, gli sfruttatori romeni sono andati “alla conquista” del territorio, e sulla strada sono progressivamente aumentate le prostitute provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria. Se le donne albanesi sono «condotte in Italia con la forza da organizzazioni criminali o piccoli clan familiari», se il potere dell’uomo su queste donne viene mantenuto con la violenza e talvolta col coinvolgimento sentimentale, le donne nigeriane giungono qui, spesso, con l’inganno che il loro viaggio rappresenti un investimento per tutta la famiglia. Con tanto di patto sottoscritto tra l’organizzazione criminale e la famiglia che garantisce per la restituzione del debito, con tanto di «pratiche magicoreligiose che hanno il valore di un contratto di natura spirituale». Nuovi modelli di sfruttamento sono sopraggiunti con l’aumento della presenza di donne romene e bulgare. «In questi casi, spesso, la donna instaura col protettore, di sua volontà, un rapporto di reciproca utilità, a volte accompagnato da una relazione sentimentale o da una partecipazione ai guadagni. Il che rende più difficile, per le donne sfruttate, percepirsi come vittime. Talvolta le donne sono arrivate alla prostituzione in autonomia, salvo poi cadere nelle mani di piccoli clan albanesi e romeni già presenti sul territorio». Il fenomeno è però ben più complesso e Dedalus sottolinea quell’area grigia che si colloca nel mezzo tra prostituzione forzata e volontaria, tra vittime del traffico e prostitute per scelta. «Un’area che possiamo definire come “costrizione alla scelta”, in cui la povertà e la mancanza di alternative agiscono come vincoli altrettanto forti dello sfruttamento perpetrato dal protettore di turno».