La Stampa

Le piccole cedute per pochi dollari in India e Qatar. Cresce il lavoro nelle
miniere. E le Ong lanciano l’allarme: dopo il terremoto il traffico di minori è
aumentato
Hira Thapa, 11 anni, costa 900 dollari sul mercato di Qatar e Arabia Saudita. Kamal, 8 anni, vale 7000 rupie
indiane, 108 dollari, a New Delhi. Sabriti, 13 anni, vale meno di mezzo dollaro al giorno, 14 ore al giorno,
nella fabbrica di mattoni del distretto di Bagmati, nella valle di Kathmandu. Sua sorella, 10 anni, è stata
venduta per 67 dollari a un dentista di Lucknow, Uttar Pradesh.
Sono i figli perduti del Nepal. Orfani, o semplicemente poveri, venduti dai loro stessi famigliari ai trafficanti
di bambini, destinati a lavorare nelle miniere e nelle fabbriche, o a diventare schiavi sessuali per i mercati di
India, Iraq, Oman, Cina, Sud Corea, Hong Kong, Arabia Saudita, Qatar.
I numeri sono spaventosi: secondo le stime Unicef ogni anno vengono venduti 15.000 bambini. Per le ong di
Kathmandu si arriva a 25 mila. La maggior parte è condannata allo sfruttamento sessuale in India, ma non
solo. I Paesi del Golfo, raccontano le Ong, sono i principali «acquirenti» di bambine nepalesi sotto i 14 anni.
E oggi la situazione, già drammatica, è ancora peggiorata: a due anni dal terremoto di magnitudo 7.8 che il
25 aprile 2015 ha devastato il Paese, lasciato 9000 morti, polverizzato 700.000 edifici e ridotto alla
disperazione tre milioni di persone, il Nepal è ancora in ginocchio e le prede più deboli sono i bambini e le
donne. Leggi…

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