Dei pericoli per chi lavora ore sotto il sole si parla a stento, perché la produzione estiva è quasi in stallo. Ma «almeno il 70 per cento è costretto a lavorare in situazioni ingiuste», denunciano le sigle sindacali che fanno il punto sul settore dell’agroalimentare
«L’unica soluzione contro il caldo all’interno delle serre è cercare di seguire, anche dentro ambienti artificiali come quelli, il ritmo della natura». È un ragionamento pratico quello del segretario regionale della Flai Cgil, Alfio Mannino per contrastare l’afa estiva moltiplicata dalla plastica delle serre. «In questo caso, non si può certo pensare di refrigerarle in nessun modo perché – puntualizza – si perderebbe l’effetto serra. La sola via da percorrere è quella di cambiare l’organizzazione del lavoro assecondando il ritmo della natura». Questo significa non lavorare nelle ore più calde della giornata (dalle 12 alle 16) «anticipando l’inizio alle 5.30 del mattino, e concedere ai lavoratori alcune pause ogni due ore, anche della durata di un’ora per i lavori più pesanti e gravosi». Così è previsto anche dalla flessibilità del contratto provinciale di lavoro, ma non tutti lo rispettano. La scorsa settimana, infatti, un lavoratore di Mazzarrone, in provincia di Catania, è stato licenziato per essersi rifiutato di continuare a lavorare in una serra a Gela, all’interno della quale erano almeno cinquanta i gradi percepiti.