ROMA – I cassoni da riempire di pomodori sotto il sole per pochi euro, le campagne della Puglia deserte
all’imbrunire, le luci del ‘ghetto’ dove andare a riposare: un agglomerato di baracche lontane da tutto e dagli
occhi degli italiani, dove vivere e coltivare con pazienza i propri sogni, in una piccola Africa in terra
straniera. E’ il documentario ‘Jululu’ di Michele Cinque, il corto che ha vinto alla Mostra di Venezia il premio
per la miglior regia del progetto ‘Migrarti’ del ministero per i Beni e le attività culturali, e passato in questi
giorni alla Festa del cinema di Roma. Jululu, prodotto dalla “giovane realtà creativa” Lazy Film – come si
autodefinisce sul sito wearelazy.it – si presenta come un viaggio musicale nelle vaste piane coltivate a
pomodoro nella provincia di Foggia. Campi attraversati da Badara Seck, musicista griot senegalese, alla
ricerca di Jululu, l’anima collettiva africana. “Molte vite si sono perdute – dice Badara – sono finite in mare.
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Jululu, in un documentario sfruttamento e caporalato nel Sud
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