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Stefano Pasta

È questo il giudizio di Joy Ngozi Ezeilo, relatrice speciale delle Nazioni Unite sul traffico di esseri umani. Ezeilo, che ha appena effettuato una settimana in missione nel nostro Paese, parla di qualche luce e molte ombre sulla nostra azione di contrasto allo sfruttamento dei migranti.

 

«L’Italia deve ravvivare la lotta contro il traffico degli esseri umani, specialmente il continuo sfruttamento della prostituzione di donne e ragazze straniere». È questo il messaggio dell’avvocato Joy Ngozi Ezeilo, nigeriana e relatrice speciale delle Nazioni Unite sul traffico di esseri umani, al termine della sua recente visita in Italia. Su invito del Governo, ha incontrato istituzioni e Ong a Venezia, Torino, Palermo, Napoli, Caserta e Castel Volturno, per fare il punto sulla situazione italiana in vista di un report da inviare all’Onu nel 2014.

«Ho parlato», spiega Joy Ezeilo, «con numerose vittime dello sfruttamento lavorativo e sessuale. Come, ad esempio, una ventunenne mia connazionale arrivata in aereo dalla Nigeria, passando per Turchia, Serbia, Ungheria e Slovenia, prima di entrare in Italia in treno. Non solo era sfruttata, ma per andare in Europa il padre aveva dovuto dare in garanzia il loro terreno per un debito di 60 mila euro. La giovane si muoveva tra Torino, Milano e Parigi per vendere il suo corpo per ripagare il debito, fino a quando, dopo un controllo casuale in Italia, ha beneficiato dell’assistenza. Tuttavia, la ragazza ha dovuto mentire ai genitori, a loro volta minacciati dai trafficanti, che continuavano a chiedere di inviare i soldi».

La relatrice dell’Onu riconosce che, per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale, quella italiana è «una buona legislazione». Da quindici anni, il fiore all’occhiello del nostro ordinamento per tutelare le vittime è l’articolo 18 del Testo Unico Immigrazione del 1998, che prevede lapossibilità di rilascio di uno speciale permesso di soggiorno allo straniero sottoposto a violenza o a grave sfruttamento, quando vi sia pericolo per la sua incolumità per effetto del tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione criminale o delle dichiarazioni rese in un procedimento penale.

Secondo l’avvocato Francesca Nicodemi dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, una delle realtà incontrate dalla relatrice dell’Onu), «come spesso succede in Italia, il problema talvolta è l’applicazione». Spiega: «Persistono nella prassi notevoli difficoltà al rilascio del permesso di soggiorno, dalla valutazione discrezionale dei requisiti da parte delle Questure al fatto che le stesse spesso non ricevono le domande di permesso in assenza di una formale denuncia contro i propri sfruttatori, prediligendo il percorso giudiziario a quello sociale».

Negativa è invece la valutazione sul reato di clandestinità: «La criminalizzazione del migrante irregolare introdotta da questa e altre norme del Pacchetto sicurezza ha avuto l’effetto di rendere più vulnerabili e ricattabili le vittime di tratta, indebolendo la lotta allo sfruttamento».

Nelle sue raccomandazioni al Governo italiano, l’avvocato Ezeilo ha sottolineato come «in Italia servirebbe una strategia nazionale per combattere la tratta», e come «la mancanza di un approccio coordinato tra tutti gli attori diminuisce l’efficacia delle misure prese»; in questa direzione, non aiuta «l’assenza di un sistema statistico complessivo».

«C’è invece bisogno», ha aggiunto, «di un approccio guidato dalle leggi e dagli standard internazionali e basato sulle “5P” (protezione, processo, pena, promozione della cooperazione internazionale e partnership), le “3R” (riparazione, recupero e reinserimento) e le “3C” (efficienza, cooperazione e coordinamento)».

Secondo l’Asgi, potrebbe facilitare un quadro sistemico la direttiva europea 2011/36, non ancora recepita dall’Italia nonostante il termine di attuazione scadesse ad aprile. «Proprio nella direttiva», dice Francesca Nicodemi, «vi è una buona definizione del crimine della tratta, che si diversifica con il tempo. A quella a scopo sessuale, anch’essa oggetto nel corso degli ultimi anni di continue trasformazioni sotto il profilo delle rotte, dell’organizzazione delle reti criminali e delle modalità di coercizione esercitate sulle vittime, si sono aggiunte altre forme di sfruttamento. Sono diventati oggi più evidenti i fenomeni del grave sfruttamento nell’ambito del lavoro, in particolare in alcuni settori produttivi, dello sfruttamento connesso ad attività illecite o mediante l’impiego nell’accattonaggio. Ancora molto poco visibili ma sicuramente esistenti, inoltre, le vicende di tratta a scopo di adozioni illegali internazionali e dei matrimoni forzati».

È d’accordo su questo punto la Relatrice dell’Onu, che sottolinea come la tratta non debba essere intesa solo come sfruttamento sessuale, richiamando l’Italia a una maggior attenzione al crescente sfruttamento lavorativo: «Ricordo con emozione la faccia traumatizzata di una giovane donna asiatica, sfruttata in una fabbrica, dove cuciva tutto il giorno. Era vittima dell’inganno e della coercizione del suo cosiddetto fidanzato, la cui violenza l’ha portata a perdere la vista e a subire ferite alle mani fino a doversi sottoporre a un intervento».

In questo senso, per l’Asgi un approccio corretto al fenomeno del traffico è quello in parte messo in atto dalla Procura e dalla Polizia di Bologna, che in un’indagine penale sul traffico di minori non accompagnati provenienti dal Bangladesh ha utilizzato l’articolo 18, normalmente utilizzato per lo sfruttamento sessuale, rilasciando un permesso di soggiorno a fronte della collaborazione di alcuni giovani (dichiarazione della vera età e indicazione dei trafficanti). In questo modo i giovani stranieri sono sottratti al traffico e offrono un aiuto agli organi di polizia per combattere il traffico, svelando la rete e l’organizzazione.

Proprio sui minori immigrati, sia la relatrice dell’Onu che l’Asgi hanno invece rinnovato la preoccupazione che nelle indagini l’accertamento dell’età viene quasi sempre effettuato ovunque con una semplice radiografia del polso. Esame, questo, che la comunità scientifica internazionale e nazionale ritiene inidoneo ad accertare l’età di una persona.

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