Il Messaggero

 

Il dirigente della Quinta Zona della Polizia di Frontiera, Antonio Del Greco: si è chiuso in un mutismo surreale

 

ROMA – «Si è chiuso nel suo silenzio. Un mutismo irreale. Non ha voluto che i parenti fossero avvisati dell’arresto e non ha nominato un legale di fiducia. Gli è stato assegnato un difensore d’ufficio». Lo dice all’Adnkronos il dirigente della Quinta Zona della Polizia di Frontiera, Antonio Del Greco, tornando sull’arresto -operato ieri dalla Polizia all’aeroporto di Fiumicino- di Tauber Gedalya, ex alto ufficiale israeliano, latitante dal 2010, colpito da un mandato di cattura internazionale per traffico di organi umani.

L’uomo, nato in Polonia, 77 anni, è ora recluso nel carcere di Regina Coeli. «Veniva da Boston diretto a Roma – spiega l’investigatore – è da accertare dove fosse diretto, abbiamo attivato controlli incrociati». Al vaglio degli inquirenti anche l’ipotesi che Gedalya fosse diretto verso Paesi dell’Est dove in passato si sono verificati casi di trapianti in strutture clandestine.

La Polizia di Frontiera ricostruisce anche il momento dell’arresto: «Aveva un documento contraffatto ed è apparso nervoso al controllo della polizia di frontiera. Sono scattati quindi i controlli successivi, che hanno permesso di accertare la sua vera identità. Da qui il provvedimento di cattura». «In Brasile – aggiunge Del Greco – l’uomo è stato condannato all’ergastolo per aver indotto almeno in 19 casi cittadini poveri a cedere parti del loro corpo, prevalentemente reni, in cambio di somme di denaro che variavano tra i 6.000 e i 12.000 dollari».

«Procacciava queste persone, anche minorenni – rimarca l’investigatore – per poi farle sottoporre a visite mediche in Brasile e le induceva a seguirlo in Sudafrica, dove equipe sanitarie compiacenti procedevano all’espianto degli organi e al successivo trapianto a favore di persone facoltose».

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