Le cifre diffuse dall’ Associazione Papa Giovanni XXIII di don Benzi. L’aumento sui marciapiedi di minori, da una parte, e donne mature dall’altra, o l’impennata di donne italiane – come denuncia il progetto “Prostituzione e tratta” del Gruppo Abele
di LUCA ATTANASIO
ROMA – Stando alle ultime statistiche, le donne sfruttate o schiavizzate nell’industria del sesso in Italia, variano da un minimo di 60 mila a un massimo di 120 mila (Associazione Papa Giovanni XXIII di don Benzi). In mezzo a queste cifre si nascondono fenomeni allarmanti, come l’aumento sui marciapiedi di minori, da una parte, e donne mature dall’altra, o l’impennata di donne italiane – come denuncia il progetto “Prostituzione e tratta” del Gruppo Abele – costrette a prostituirsi per sostenere la famiglia in tempi di crisi. Senza dimenticare il fenomeno delle cosiddette “baby squillo”, conseguenza dell’aumento del 10% di adulti maggiorenni che cercano rapporti con minorenni. Lombardia e Lazio sono le regioni al vertice della classifica. Un sottomondo da brividi, che muove, secondo Transcrime (Centro interuniversitario sulla criminalità transnazionale) tra i 2 e i 7,5 miliardi di euro, e che prospera di anno in anno, come fosse la più normale delle industrie.
Donne crocifisse. È per accendere tutti i riflettori possibili su questo fenomeno che don Benzi e la sua associazione hanno promosso venerdì 21 marzo a Roma una manifestazione cui il Papa stesso, nell’Angelus di domenica 16, ha impartito una specifica benedizione. Una Via Crucis femminile, dedicata a tutte le donne inchiodate sulla croce della tratta e della riduzione in schiavitù. “Queste donne sono una delle immagini più nitide del volto sofferente di Gesù sulla croce – spiega Don Aldo Buonaiuto uno degli organizzatori – percorrendo questa via in cui simbolicamente donne della politica, della cultura e di tanti altri settori hanno fisicamente portato per brevi tratti una croce, abbiamo voluto lanciare un segnale chiaro a tutta la società”.
Per strada con le donne schiave. Nel 2013 L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha operato su tutto il territorio nazionale con 18 unità di strada, contattando 10.400 donne e inserendone in programmi di protezione sociale oltre 400. Dal 1995 a oggi, è riuscita a liberare oltre 7.000 donne. Un lavoro che non prevede sosta e che, per fortuna, vede la partecipazione di tantissimi gruppi. Tra i minori, le vittime sono per lo più ragazze provenienti in gran parte dall’Est Europa (Romania 22%, Albania 10,5, e poi Bulgaria, Moldavia, Ucraina) o dalla Nigeria (36%); non mancano però casi, sempre più in aumento, di sfruttamento nel lavoro di ragazzi (egiziani, cinesi, romeni o di origine Rom), coinvolti in circuiti di prostituzione, accattonaggio, attività illegali.
Statistiche da brivido. Chi si prostituisce, nel 65% dei casi, lo fa per strada ed ha età, per il 37% dei casi, dai 13 ai 17 anni; 52% dai 18 ai 30 anni; 11% sopra i 30 anni. Superfluo ricordare che il 100% ha subìto violenze sessuali, fisiche o psichiche. Ma se si vuole sradicare il fenomeno, non basta sottrarre alle leggi del mercato l’offerta, bisogna incidere sulla domanda. Per il Gruppo Abele, i clienti – in gran parte sposati (77%), appartenenti al ceto medio alto (56%) e nella fascia d’età compresa tra i 40 e 55 anni (43%) – sono 2,5 milioni, per altre associazioni di più.
Il nuovo corso europeo. Il dato più allarmante, al di là del numero, è la cultura che c’è dietro il rapporto a pagamento. “Inutile girarci intorno – spiega Silvia Costa, europarlamentare del PD – gli uomini che acquistano sesso hanno un’immagine degradante delle donne ed è su loro che bisogna innanzitutto agire”. È il senso della risoluzione Honeyball (dal nome della proponente, una laburista inglese) che promuove il modello svedese che punisce e punta a responsabilizzare i clienti. Votata di recente al Parlamento europeo, segna una rivoluzione culturale nell’approccio alla prostituzione, giudicata come una forma di violenza nei confronti delle donne, segno di una disparità di genere. “La risoluzione – riprende la Costa, relatrice ombra della direttiva contro la tratta degli esseri umani, che lancia l’idea di istituire in Italia un coordinatore antitratta – sfata anche il mito della legalizzazione della prostituzione, come rimedio contro la schiavitù: secondo l’Onu è l’Olanda, la prima destinazione delle vittime della tratta, mentre in Germania e in Grecia non è stato intaccato il business dei ‘protettori’ “.