Corriere della Sera

 

Michele Marangon

 

Il ritratto della comunità dei braccianti indiani, lavoratori in nero quando non clandestini. Pubblicato il dossier «Migranti sud Lazio»

 

ROMA – La comunità Sikh rappresenta in termini numerici la più imponente presenza straniera a sud di Roma. Il dossier realizzato da «Action Aid, diritti in movimento», illustrato mercoledì 26 a palazzo Santa Chiara alla presenza del ministro per l’Integrazione Cecile Kienge, torna ad occuparsi dei migranti indiani che lavorano per lo più nelle campagne di Anzio, Nettuno, Lavinio, arrivando sino a Terracina.

RITRATTO DEI BRACCIANTI – Il dossier (per cui sono state realizzate duecento interviste) mette in evidenza le analogie esistenti tra il Lazio e le realtà italiane – Rosarno su tutte – dove lo sfruttamento è diventato la regola, oltre che l’ossatura di una intera economia. «Il quadro – si legge nel dossier – è drammatico: l’80% degli intervistati fa il bracciante, e tra questi i 2/3 hanno lavorato o lavora in nero. Guadagnano dai tre ai cinque euro l’ora per otto ore al giorno, tre giorni a settimana, dovendo al caporale una tangente di dieci euro al giorno. Infine la gran parte dei migranti ha sempre lavorato nei campi dal momento dell’arrivo in Italia».

 

ALMENO 30MILA – E quando si parla dei Sikh nel Lazio, il riferimento è essenzialmente alla sterminata comunità di braccianti agricoli che dagli anni ’80 si è insediata nella zona intorno al Parco del Circeo, raggiungendo stabilmente le 12 mila unità ma che, contando anche gli irregolari, potrebbe sfiorare il numero di 30 mila persone. I legami con la terra d’origine sono forti: e lo dimostrano i trasferimento di denaro verso il Punjab. Ogni bracciante trasferisce dai 200 ai 500 euro mensili verso le proprie famiglia nella regione di provenienza.

PRECARIETA’ – Le condizioni di vita sono estremamente precarie e malsane: «Contratti irregolari, abitazioni fatiscenti, sovraffollamento. Si vive in coabitazione in un numero non inferiore alle tre famiglie, ogni nucleo ha in condivisione una stanza e condivide servizi igienici e cucina, pagando un affitto medio di cento euro a testa». Problematico anche il rapporto con la sanità pubblica: solo chi si trova in condizioni di estremo bisogno, infatti, ricorre alle cure mediche».

LEGGI INSUFFICIENTI – L’obiettivo del dossier è anche quello di proporre un percorso verso l’integrazione, che passa necessariamente per il potenziamento della rete di accoglienza e con un piano formativo che interessi in particolare i lavoratori della pubblica amministrazione. Altro traguardo quello di impedire lo sfruttamento, ma per questo le armi delle istituzioni appaiono spuntate. «La legislazione e contraddittoria e di difficile applicazione – si legge nel dossier – la legge anticaporali definisce degli indici di sfruttamento in maniera chiara ed inequivocabile, ma non introduce tutele legali per i migranti che denunciano. Al momento sono arrivate solo ottanta segnalazioni alle procure, che hanno proceduto in autonomia una volta sola: nel maggio scorso con l’inchiesta ‘Man at work’ della procura di Palmi».

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