Corriere

Le vittime lavoravano e dormivano nello stabilimento andato a fuoco. Alle finestre c’erano le inferriate

PRATO – «I resti fanno pensare ad altre due persone oltre a quelle che abbiamo già trovato: quattro già all’obitorio ed una già localizzata». Lo ha detto il comandante dei vigili del fuoco di Prato Vincenzo Bennardo riferendosi ai resti umani carbonizzati trovati nel capannone dove aveva sede la ditta andata a fuoco. Salirebbe a sette, dunque, il numero delle vittime, e sono due gli ustionati in modo molto grave. Questo il bilancio provvisorio di un incendio scoppiato domenica mattina alle 7 in una fabbrica, la «Ye Life» in via Toscana al Macrolotto, nella periferia di Prato. Le fiamme si sono sviluppate in un fabbricato dove ha sede una ditta di pronto moda gestita da cittadini cinesi. Due delle cinque vittime sono già state estratte dal capannone. Per la prima tra le vittime sarebbero state fatali le esalazioni nel capannone in fiamme. Sul posto sono arrivati il sindaco pratese Roberto Cenni insieme al prefetto Maria Laura Simonetti, seguiti dopo pochi minuti dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi accompagnato da Adriano Sofri.

«SCHIAVISMO»- «Ancora una volta assistiamo ad una terribile tragedia in fabbrica, dove lavoratori immigrati cinesi e le loro famiglie lavorano e vivono in condizioni impossibili e al limite dello schiavismo. Ho chiesto ai Ministeri degli Interni e del Welfare di rafforzare i controlli perchè non è possibile che ancora oggi una città moderna e avanzata come Prato viva situazioni di questo tipo. Da parte nostra il prossimo Piano Città, che vedrà la luce con il nuovo ciclo dei Fondi strutturali europei 2014-2020, affronterà anche le problematiche produttive e sociali dal punto di vista infrastrutturale per il rispetto delle regole e delle norme sugli ambienti di lavoro». Così il Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Erasmo D’Angelis sulla tragedia di Prato.

IL GOVERNATORE – «Le imprese che qui lavorano spesso sono soggette al racket della criminalità cinese, quindi sono esse stesse sfruttate»: così il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi giunto sul luogo in cui una fabbrica gestita da cittadini cinesi è bruciata a Prato, insieme al sindaco Roberto Cennni e ad Adriano Sofri. «Ci vuole – ha detto Rossi – un Piano che vada oltre i controlli che pure abbiamo, ci vuole un Piano di carattere strutturale di riqualificazione che metta in campo anche rapporti di collaborazione per chiarire la situazione, per capire come si combatte la criminalità, come si fa a fare emergere questo asset industriale che può anche essere propositivo e positivo». «Questa – ha aggiunto Rossi – è l’area di lavoro nero più estesa del centro-nord e probabilmente dell’Europa. Le imprese che qui lavorano non sono imprese che fanno concorrenza sleale agli italiani perchè producono abiti, quelli che poi ritroviamo nei nostri negozi a prezzi bassissimi: li producono di notte, ‘just in timè per farceli trovare nei negozi di tutta Europa».

LA CITTA’ IN LUTTO – «Il lutto cittadino è il minimo che si possa fare di fronte alla tragedia avvenuta al Macrolotto. Bisogna fare ben altro e non solo limitarsi a commemorare chi ha perso la vita, cosa che certamente sarà fatta, ma impegnarsi ancora di più per evitare che questo accada di nuovo»: sono le parole postate sui suoi profili twitter e facebook dal sindaco di Prato Roberto Cenni. «Perciò – scrive ancora il sindaco – per primi, 4 anni fa abbiamo alzato il velo su questa vergogna radicata a Prato nel silenzio di troppi. Sono in contatto con il ministro dell’Interno perchè Prato ha necessità che venga messa in atto una soluzione che estingua il sistema organizzato di illegalità nel distretto parallelo, che vede nella promiscuità tra lavoro e residenza con abusi edilizi una pericolosissima costante». «In 200 metri quadrati – conclude Cenni – ci sono stati tanti morti quanti alla Thyssen e a Prato ci sono ancora oggi, nonostante il lavoro di questi anni, migliaia di situazioni potenzialmente drammatiche come questa. Prato non può più sopportare un peso del genere».

LE VITTIME – Sono tutti uomini i cinque morti nell’incendio. «Ci sono altri resti umani oltre ai cinque corpi delle vittime già accertate» ha spiegato il sindaco Cenni sul posto. Sono uomini anche i due feriti gravi ricoverati con ustioni e intossicazione all’ospedale di Prato, dove si trova anche una donna in condizioni meno gravi e sintomi da intossicazione. Il lavoro dei vigili del fuoco continua, sebbene con difficoltà anche a causa del vento forte che nella zona soffia facendo riaccendere i focolai, ispezionando le aree del capannone che sarebbe stata adibita a dormitorio.

I SOCCORSI – Quattro dei cinque corpi delle vittime sono già stati recuperati, mentre il quinto è stato individuato ed i vigili del fuoco stanno lavorando per recuperarlo. «Stiamo facendo un lavoro di spegnimento e messa in sicurezza, stiamo lavorando con molta cautela – spiega il comandante dei vigili del fuoco di Prato Vincenzo Bennardo – soprattutto nella parte in cui c’è stato il crollo del tetto. L’incendio è ancora covante perchè i materiali di lavorazione hanno una copertura che noi dovremo togliere per spegnere i focolai». La fabbrica produceva abiti pronto moda e quindi nel capannone c’erano materiali altamente infiammabili, come stoffe e plastiche. I vigili del fuoco si stanno facendo spazio con piccole macchine movimento terra per arrivare nei punti dove il fuoco è ancora attivo. «Mancano ancora persone all’appello» fanno sapere i vigili del fuoco «anche se il numero non è precisabile, la conta dei morti potrebbe salire». Sul posto si trova anche il pm di turno della procura di Prato.

LA DINAMICA – Non è chiaro come sia nato l’incendio, ancora non completamente domato: le operazioni dei vigili del fuoco sono ancora in corso, ostacolate dal crollo di una parte della struttura, pare quella che ospitava i «loculi» in cui gli operai dormivano. Non è escluso che sotto le macerie ci possano essere altri corpi, al momento del rogo si trovavano – secondo la testimonianza raccolta da un carabiniere – «almeno quattordici persone». La struttura è ad un solo piano e vi si accede attraverso un cancello di una traversa di via Toscana. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Prato, Firenze e Pistoia insieme alla polizia e ai carabinieri. Secondo fonti ufficiose non sarebbero stati trovati, al momento, indizi sulla natura dolosa dell’incendio.

IL TESTIMONE – Leonardo Tuci, carabiniere di stanza alla Protezione civile di Prato, è stato il primo ad arrivare sul posto insieme ad un collega: «Abbiamo visto una colonna di fumo e siamo corsi lì – racconta – c’erano due cinesi, un uomo e una donna, completamente ricoperti di fuliggine. Urlavano. Dal capannone uscivano fiamme. Ho provato fare qualcosa con una sistola, ma ovviamente era inutile. Altri cinesi gridavano “c’è persone, c’è persone…” Mi si è stretto il cuore».

ROSSI: PROBLEMA INTERNAZIONALE – «E’ necessario a questo punto intervenire a livello internazionale: bisogna che lo Stato si faccia carico di un problema che è diventato nazionale e che stabilisca un dialogo con il governo cinese. La soluzione purtroppo è chiara da tempo, questo è il centro di lavoro nero più grande del centro Italia e probabilmente d’Europa».

«TRAGEDIA CHE NON SI DEVE RIPETERE» -«L’esplosione di una fabbrica cinese a Prato, che ha provocato una serie di vittime tra i lavoratori, è un episodio gravissimo, una tragedia che non può e non deve ripetersi. Esprimo tutto il mio dolore per i lavoratori di quest’azienda costretti, per necessità, a vivere e lavorare nell’illegalità e alle loro famiglie». Lo afferma la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli (Pd). «È necessario – rileva – intervenire subito monitorando le situazioni di illegalità, di sfruttamento e agendo sull’assenza di controlli. Bisogna agire con una modalità e una tempistica degne di un paese civile e democratico». «Sono profondamente addolorata per le vittime dell’incendio della fabbrica cinese a Prato» afferma Deborah Bergamini di Forza Italia. «Presenterò un’interrogazione al governo per sapere quali misure urgenti intenda adottare per porre fine a queste gravi violazioni del diritto ormai così diffuse nel distretto industriale pratese», conclude.

 

 

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