La Repubblica

 

La Cassazione ha confermato gli arresti di due uomini originari della Romania che obbligavano dei loro connazionali ad esibirsi e raccimolare soldi: “E’ privazione della libertà individuale”

E’ riduzione in schiavitù costringere qualcuno a fare spettacoli da mimo in strada. Lo sottolinea la Cassazione, che ha confermato gli arresti (disposti dal gip di Bologna nel luglio 2012 e confermati dal Tribunale) di due uomini, originari della Romania, accusati di associazione per delinquere e riduzione in schiavitù per aver costretto dei loro connazionali all’accattonaggio tramite spettacoli da mimo.

“L’evento di riduzione o mantenimento di persone in stato di soggezione consiste – scrive la Quinta sezione penale della Suprema Corte nella sentenza depositata oggi – nella privazione della libertà individuale cagionata con minaccia, violenza, inganno o profittando di una situazione di inferiorità psichica, fisica o di necessita” e in questo caso è dimostrata “l’impossibilità per le parti offese di potersi sottrarre liberamente alla propria prestazione per così dire lavorativa”.

Lo sfruttamento dei mimi, era infatti collegata a “minacce e violenze, che elidono la libera autodeterminazione già sottoposta a privazioni materiali”: venivano loro tolti i documenti e il provento degli spettacoli, lasciandoli in “condizioni eufemisticamente definibili disagiate”.

Le esigenze cautelari sono state confermate sulla base del rischio di reiterazione e dal pericolo di fuga, “in considerazione dei continui contatti con il Paese di provenienza nel quale l’organizzazione criminale reclutava i soggetti”.

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