Corriere della Sera
A Torino si apre il processo contro i tre aguzzini che costrinsero Lea, 21 anni,
arrivata in Italia dalla Moldavia, a prostituirsi a volte senza protezione. Oggi
Lea, che ha contratto l’Hiv, vive in una struttura protratta. L’ipotesi di reato è
induzione alla schiavitù.
Analfabeta, viene imbarcata su un volo per Milano a 18 anni appena compiuti. In Moldavia non le è rimasto
quasi più nessuno. Il padre, alcolista, è morto suicida. La madre, sparita. Povertà e miseria rendono la sua
vita «priva di alternative esistenziali», scriverà un giudice. A Torino conosce il suo padrone. «Sei mia per un
anno, non sei libera di lamentarti», le ricorda quando la picchia. Oggi, otto marzo, il giorno in cui inizia il
processo contro i suoi aguzzini, quella fanciulla ha 21 anni e il virus dell’Hiv. Il ricordo indelebile del suo
passato di schiava, costretta a prostituirsi, tra Bairo e Torino, senza preservativo. Per guadagnare di più. Lea
ha trovato il coraggio di liberarsi da sola. Ma ancora oggi ringrazia quelle due prostitute che la aggredirono
perché occupava la porzione di marciapiede sbagliata. Lei non riuscì a reagire. Pianse. Loro smisero di
insultarla e la portarono dai carabinieri di Castellamonte. Avevano capito che doveva per forza essere salvata
in quel momento.
Il reato di induzione in schiavitù
In caserma Lea (il nome è di fantasia) ha reso una testimonianza precisa, carica di crudeltà. Davanti alla
corte di Assise di Torino, la pm Livia Locci, che ha coordinato l’indagine, proverà a dimostrare la
sussistenza del reato di riduzione in schiavitù. Oltre che quello di sfruttamento della prostituzione «con
l’aggravata dell’essere derivato dal fatto un grave pericolo per l’integrità fisica», l’Hiv. Lea vive in una
struttura protetta, lontana. Leggi…