Promosso dalla Walk Free Foundation del magnate australiano Forrest, presenti anche gli anglicani. “Ma siamo aperti a sciiti, ebrei ed altre confessioni”
A firmare l’accordo “rivoluzionario” (definizione del Walk Free Foundation) e “storico” (definizione del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi) nel corso di una conferenza stampa, il monsignore argentino Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, il dottor Mahmoud Azab di al-Azhar, l’anglicano David John Moxon, in rappresentanza dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il magnate australiano Andrew Forrest (il suo nome è nella lista di Forbes sugli uomini più ricchi della terra), fondatore della Walk Free Foundation. Presente anche il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, che ha raccontato come la proposta di Forrest sia nata dopo che la figlia aveva scoperto un caso di tratta di bambini in Nepal. Alla conferenza stampa, Forrest, da parte sua, ha tenuto a dire che “sono benvenuti” in futuro anche gli esponenti di altre confessioni e religioni, a partire da rappresentanti dell’ebraismo, dell’islam sciita, dell’induismo e del buddhismo. Mons. Sanchez Sorondo ha ricordato che la decisione di dedicare attenzione al tema della tratta degli esseri umani nasce da un appunto autografo che gli aveva scritto il Papa connazionale sul retro di una busta augurale (“Marcelo: Creo que seria bueno…” Penso che sarebbe bene occuparsi del traffico di esseri umani e della schiavitù moderna. Il traffico di organi può essere trattati in connessione con il traffico di esseri umani. Grazie mille. Francisco).
Il documento firmato oggi promette alcune iniziative di ordine più spirituale (“la preghiera, il digiuno e la carità”, “ci sarà una giornata di preghiera per le vittime e per la loro libertà”, “delle reti di preghiera specifiche saranno costituite in tutte le parti del mondo”), e altre più operative. Ad esempio, “Nel primo anno saranno messi a punto dei piani per invitare: tutte le confessioni religiose a vigilare affinché le loro catene di approvvigionamento e investimenti escludano forme di schiavitù moderne e a adottare misure correttive, se necessario; tutte le confessioni religiose a mobilitare le rispettive sezioni giovanili per sostenere progetti destinati a sradicare la schiavitù moderna; famiglie, scuole, università, congregazioni e istituzioni a far conoscere la natura della schiavitù moderna e la tratta di esseri umani, a insegnare come denunciarla e a segnalare la capacità distruttiva di atteggiamenti sociali, pregiudizi e sistemi sociali nocivi connessi alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani; i leader politici a vigilare affinché le loro catene di approvvigionamento escludano forme di schiavitù moderne; 50 grandi multinazionali i cui CEO sono persone di fede e di buona volontà a garantire che le loro catene di approvvigionamento escludano forme di schiavitù moderne; 162 governi ad avallare pubblicamente l’istituzione del Global Fund per porre fine alla schiavitù con 30 capi di stato che lo sostengano pubblicamente entro la fine del 2014; il G20 a condannare la schiavitù moderna e la tratta di esseri umani e a adottare un’iniziativa contro la schiavitù e la tratta di esseri umani, nonché a sostenere il summenzionato Global Fund”.
Degna di nota la presenza dell’inviato dell’università di al-Azhar. L’università sannita del Cairo aveva interrotto i rapporti con la Santa Sede dopo un intervento in difesa dei cristiani copti egiziani, vittime di un attentato di capodanno del 2011 in una chiesa di Alessandria, pronunciato da Benedetto XVI alle prime avvisaglie della primavera araba, interpretato al Cairo come una offensiva difesa confessionale. Successivamente, il grande imam Ahmed al-Tayeb aveva menzionato il discorso tenuto precedentemente da Joseph Ratzinger a Regensburg (Ratisbona) tra i motivi per non riaprire il dialogo con il Vaticano. Dopo l’elezione di Papa Francesco, dal Cairo sono giunti una serie di messaggi distensivi, più o meno pubblicizzati, e richiamati oggi da Mahmoud Azab. Uno scambio di auguri tra il Papa e il grande imam dopo il Conclave, la presenza del muftì di al-Azhar Shawki Allam ad un’udienza collettiva concessa da Bergoglio ad ottobre a tutti i partecipanti ad un convegno interreligioso organizzato a Roma dalla comunità di Sant’Egidio. A dicembre scorso, il segretario del pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso, padre Miguel Angel Ayuso Guixot, accompagnato dal nunzio apostolico in Egitto, mons. Gobel, era stato ricevuto ad al-Azhar. Oggi, infine, la partecipazione di un esponente di al-Azhar ad una iniziativa vaticana. Problemi del passato superati? “Sono qui e sono felice di essere in Vaticano”, ha risposto il dottor Mahmoud Azab. “Non abbiamo grandi malintesi” e il grande imam, con la sua “chiaroveggenza”, non vuole che il dialogo sia solo di parole ma di collaborazione su questioni concrete come il contrasto alla tratta delle persone umane. “Abbiamo solo sospeso (il dialogo) per un periodo” e “appena abbiamo visto segnali positivi abbiamo ripreso” i rapporti. Quanto alla tratta, “l’Islam vieta al cento per cento il traffico di persone umane e la schiavitù. Io stesso e tutti coloro che lavorano ad Al Azhar sono impegnati nella lotta contro questi fenomeni. Soprattutto la schiavitù moderna è proibita tassativamente in qualsiasi parte del mondo”.