Il Messaggero

 

ORVIETO – Un’ottantina di cinesi rinchiusi in un capannone industriale in condizioni disumane. Dormivano in terra, mangiavano alimenti avariati ed erano circondati da decine di macchine da cucire.

Praticamente segregati all’interno di quel luogo di lavoro, non uscivano mai. Dormivano, mangiavano e lavoravano in quello stesso stabile giorno e notte, assoggettati a condizioni ed orari di lavoro massacranti, ovviamente il tutto completamente in nero

La scoperta del capannone lager l’ha fatta la guardia di finanza di Orvieto, che ha contestato un’ evasione fiscale superiore a 2 milioni di euro e IVA non versata per oltre 400.000 a 2 cittadini cinesi, titolari di altrettante ditte individuali operanti nella provincia di Terni.

Sfruttando una consistente mano d’opera clandestina, assoldata da soggetti della loro stessa etnia, gli indagati producevano filati, capi di abbigliamento, semilavorati tessili, che rivendevano a società sartoriali vicine alle grosse case di produzione del settore.

A fronte dei ricavi, che dovevano fatturare in vendita, registravano false fatturazioni in acquisto, per importi analoghi, emesse da altre ditte cinesi del centro e del nord Italia, la maggior parte delle quali cessate o inesistenti.
I titolari delle due aziende sono stati denunciati per dichiarazione fraudolenta con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali mentre un terzo soggetto, anche lui di etnia cinese, che reclutava manodopera in nero per le due ditte approfittando dello stato di bisogno e di necessità dei lavoratori, è stato denunciato per sfruttamento del lavoro.

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