Sotto accusa la mamma di 35 anni e il fratello. Le impedivano di uscire. Liberata dopo due mesi

CORRIERE DELLA SERA

Cenerentola cingalese di tredici anni. Reclusa in casa e costretta a pulire

Cenerentola moderna di 13 anni. Segregata in casa dalla madre e dal fratello maggiore, per quasi due mesi, costretta a fare le pulizie e a saltare la scuola. Chiusa a chiave in camera o in cantina quando i familiari lasciavano l’appartamento, e minacciata di morte se mai avesse osato tentare di fuggire. E picchiata, presa a bastonate, fino a lasciarle i lividi, se si ribellava alle disposizioni dei grandi, agli ordini che le impartivano di volta in volta. Una Cenerentola dei nostri giorni, una ragazzina a cui è stato negato l’affetto, la serenità ma anche l’istruzione, la gioia del primo giorno in una nuova scuola, le medie, con il suo grande entusiasmo di socializzare e di imparare in un paese lontano dal suo, lo Sri Lanka. Una ragazzina che ha trovato la forza e il coraggio di chiedere aiuto, mandando in segreto una lettera all’assistente sociale, e di essere così liberata dai suoi carcerieri.

Dalla mamma 35enne e dal fratello 19enne, entrambi con cittadinanza cingalese e una residenza nell’hinterland di Vicenza, che le davano in mano scopa e ramazza al posto di giochi e libri, che la riempivano di bastonate invece che di carezze, che le promettevano di ucciderla se non fosse stata ai loro comandi, che la tenevano per giunta chiusa a chiave in casa. I due ora si trovano indagati con le accuse di maltrattamenti in famiglia, percosse e inosservanza dell’obbligo di istruzione elementare a minori. Quanto alla 13enne, dopo l’sos disperato lanciato ai servizi sociali, è stata messa in salvo e liberata dalla condizione di quasi schiavitù. Il tribunale dei minori di Venezia ha infatti disposto il suo allontanamento dalla famiglia e l’affido in una comunità. Come da volere, tra l’altro, della stessa ragazzina che ha ribadito, in lacrime: «Non ci torno a casa».

«Aiutatemi, aiutatemi, non voglio più stare qui, sono in pericolo». Questa la richiesta di aiuto che la ragazzina aveva inviato, in segreto, all’assistente sociale, implorandola di intervenire. Un foglio scritto a mano, a settembre. Nel frattempo ci aveva pensato anche il dirigente della sua scuola a contattare le forze dell’ordine. La 13enne, infatti, non si era presentata a scuola, il 12 settembre, il suo primo giorno alle medie, ed era risultata assente anche nei giorni successivi. Senza però alcun tipo di giustificazione. Tutte circostanze che hanno fatto scattare la visita a casa da parte di forze dell’ordine e servizi sociali. Ad aprire loro la porta il fratello. E manco a dirlo la ragazza ha accolto gli sconosciuti come dei salvatori, ha confermato loro di aver bisogno di aiuto e si è giustificata, per l’assenza in classe, dicendo «mamma non vuole che vada a scuola». Poco dopo ci è andata, a scuola, per la sua grande felicità, e sta continuando a frequentare. Ma lo fa lontano dai suoi, che, stando al racconto della minore, la tenevano segregata da agosto. Lei stessa ha raccontato anche delle minacce e delle percosse subite, delle bastonate violente, mostrando anche i lividi, lasciati due settimane prima, a una gamba, e poi refertati in ospedale. Un vero incubo per lei. Soprattutto perché, da luglio, le era stato negato anche di vedere la vicina, un’italiana, che l’aiutava nelle lezioni e che aveva sempre avuto un atteggiamento premuroso e affettuoso nei suoi confronti – «mamma non la fa più entrare in casa», ha raccontato – e perché i familiari le avevano detto che presto sarebbero tornati nel loro paese, lo Sri Lanka. «Ma tu rimarrai lì», le avevano assicurato.

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