A pagamento, libero, promiscuo, di gruppo, da fare, da guardare, al chiuso e all’aria aperta. C’è una red light zone a nord di Napoli, sotto gli occhi di tutti. Comincia a Cuma, a ridosso del borgo di Licola, e finisce a Lago Patria: dieci chilometri di villette a schiera, case appartate, pinete, campi incolti e nascosti, ruderi diroccati dove si danno appuntamento, con tanto di mappe pubblicate sulla Rete, appassionati di incontri roventi e clandestini. Quella che doveva diventare la Romagna del turismo si è trasformata nella Pigalle napoletana, meno elegante ma in riva al mare, tutt’altro che esclusiva, aperta a tutti ma innervata di degrado e sfruttamento. Il sesso mercenario, naturalmente, la fa da padrone. Qui la legge Merlin non è in vigore. Come il De Wallen di Amsterdam, ragazze di tutte le nazionalità, con il loro catalogo, si propongono a clienti che arrivano da ogni parte della regione. Non si esibiscono in vetrina, come nei distretti olandesi, ma su Internet. Su Bakeka incontri, uno dei siti più frequentati di annunci gratuiti, in una qualunque giornata si contano tra i 25 e i 40 annunci di prostitute che “esercitano” sul litorale domizio. Lavorano in appartamento. Villette monofamiliari di Lago Patria, a ridosso della base Nato. Case del borgo marino di Licola, della zona del depuratore. Sul sito mostrano foto generose, si danno nomi esotici (Juana, Valentina la pantera, Thaliana, Tayssa), promettono prestazioni superlative. In calce, un numero di cellulare. Al telefono risponde sempre una voce gentile e accattivante, che dà tutte le coordinate. Via Madonna del Pantano oppure via Ripuaria, viale dei Pini, via Staffetta. Nessuna dà il numero civico al telefono. «Vieni in zona, mi richiami e ti do le altre indicazioni». Le prestazioni partono da 70 euro, qualcuna si spinge fino a cento. Leggi…
Napoli come Amsterdam: case del sesso ed ex suore a luci rosse
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