Corriere della Sera

Armando Di Landro

Operaio clandestino: «A Casablanca mi attendeva il visto falso. Ho passato sette mesi nascosto in un appartamento ad aspettare il permesso di soggiorno»

Era già a Bergamo da clandestino quando ha incontrato il connazionale che gli ha suggerito di comprare la sua regolarizzazione in Italia. Cinquemila euro, duemila per il visto e tremila per il primo permesso di soggiorno. «Non avevo nemmeno un lavoro, ma sono stato regolarizzato. Mi sembrava un sogno e solo dopo un anno ho scoperto che potevo evitare di sborsare tutti quei soldi». La testimonianza è di Abdelatif Elhami, 41 anni, di Seriate, nato a Ouarzazate, in Marocco. Fa il muratore, «più che altro il cartongessista», specifica, ma è pronto a emigrare di nuovo: «Perché di lavoro non ce n’è più. Sto pensando di andare in Francia, ma non so bene com’è la situazione là».
Non è chiaro se la sua storia, piena di documenti falsi e finte assunzioni, sia tra quelle finite all’attenzione della Guardia di Finanza e della Procura di Bergamo nella recente inchiesta sulla tratta di esseri umani e su presunti episodi di corruzione allo sportello unico della prefettura, che ha portato a 9 arresti all’alba di giovedì. È però una storia che sintetizza il racket, a quanto pare fiorente, che rischia di avvolgere tanti viaggi di nuovi cittadini verso un Paese in crisi economica, come l’Italia, ma ancora capace di attrarre speranze. «Ricordo quanto sono stato male, più volte, su quella barca che mi ha portato in Sicilia dalle coste della Tunisia, dove ero entrato dopo giorni di viaggio su un furgone. Mi è sembrato sempre tutto organizzato, perché dopo un po’, forse neanche una settimana, siamo riusciti a scappare da un centro dove ci avevano dato da mangiare, per salire su un pullman: qualcuno è andato a Milano, altri a Torino, altri ancora fino a Brescia e Bergamo, come me». Pensava di poter iniziare a vivere, una volta arrivato in città, ma non è stato così. Era l’estate del 2008.

«Uno dei primi connazionali che ho incontrato mi ha spiegato che ero clandestino, che era un rischio stare in giro così. Mi ha ospitato in casa sua e dopo pochi giorni mi ha cacciato. Per almeno un mese ho girato tra gli appartamenti di altri marocchini, senza mai fermarmi a lungo».

La svolta è arrivata quando un connazionale, Oussif, che viveva in Italia da almeno dieci anni, gli ha detto che bastava pagare, per poter mettersi in regola. «Mi ha chiesto subito duemila euro e mi ha dato un documento falso, spiegandomi che dovevo prendere un aereo, qui da Bergamo, per andare a Marrakech – dice Abldelatif -. In più mi ha spiegato che, una volta tornato in Marocco, dovevo andare a Casablanca a recuperare altri documenti da “uno che sapeva già tutto”. Ho fatto proprio così: nel giro di pochi giorni ero pronto a tornare al mio Paese, in aereo. Mi sembrava un po’ strano, ma non avevo altre informazioni, mi avevano detto di fare così…». A Casablanca c’era un falso visto d’ingresso in Italia che attendeva il muratore magrebino, consegnato nelle sue mani da un probabile «socio» del connazionale di Bergamo che lo aveva indirizzato. «In tasca mi erano rimasti non più di mille euro. Mi avevano avvertito, comunque, che una volta arrivato di nuovo in Italia avrei dovuto versarne altri tremila. Prima di ripartire per l’aeroporto di Orio ho chiesto uno sforzo a due miei zii, perché i miei genitori sono morti. È così che ho preso gli altri soldi e sono ripartito, ancora in aereo». Oussif, a Bergamo, sapeva già quando Elhami sarebbe arrivato.

«È venuto a prendermi in aeroporto, gentile. Sulla sua macchina c’erano altre due persone del Marocco, che non conoscevo. Il giorno dopo, in un bar, una volta cambiati tutti i soldi, gli ho consegnato la busta con i tremila euro e mi ha detto che tutto sarebbe andato a posto velocemente».
Non è andata proprio così. «Ho passato almeno 7 o 8 mesi, nascosto in un appartamento che non è a Bergamo: poi ho saputo che ero a Palazzolo sull’Oglio. Altri mi dicevano che c’era da aver paura. Ma alla fine è arrivato il permesso di soggiorno, è arrivata la mia carta d’identità, con il mio nome. Ho potuto uscire e cercare un lavoro, passando quasi un anno in nero su qualche cantiere. Poi ho fondato una mia cooperativa, con altri marocchini». La sorpresa per Abdelatif, è arrivata proprio a metà 2009, dopo che aveva iniziato a lavorare regolarmente: «È stato parlando con un sindacalista: ho scoperto che 5 mila euro per il permesso di soggiorno erano una cifra assurda. E che per ottenere il permesso, probabilmente, qualcuno aveva fatto credere alla polizia che stavo lavorando da qualche parte, mostrando documenti falsi. Cinque anni fa quei cinquemila euro erano più di tutti i miei risparmi».

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