MESTRE Nelle case confiscate al boss cinese si lotta contro la droga e la schiavitù Mestre, accordo Comune-Tribunale per riqualificare l’intera area

Attualità

Corriere della Sera

 

MESTRE—Lotta alla tratta umana, al posto del centro massaggi a luci rosse. Case per padri divorziati, universitari e per famiglie in difficoltà, dove prima vivevano immigrati in condizioni di schiavitù. E ancora, spazi per i residenti del quartiere in quegli uffici in cui si gestivano prostituzione e spaccio. «Non sarà facile ma oggi per via Piave si apre una nuova stagione, sono davvero soddisfatto». Sono le prime parole del vicesindaco di Venezia, Sandro Simionato, nell’entrare nell’ex centro massaggi. Giovedì, tra flaconi di creme, vasche da bagno, lettini con ancora lenzuola e asciugamani, divanetti e carta da parati in ideogrammi cinesi si è scritta la parola «inizio» a quella che, per il Comune e per il Tribunale di Venezia, deve essere la riqualificazione di via Piave, la strada cioè da anni simbolo di degrado, a due passi dalla stazione e a cinque minuti a piedi da piazza Ferretto, il salotto buono della terraferma.

È qui che in una decina di anni, il boss Luca Keke Pan ha costruito il suo impero: un hotel, un bar, un centro massaggi, un negozio di alimentari e chincaglieria orientale, cinque uffici, sei tra garage emagazzini e ben quindici appartamenti. Valore commerciale, 12 milioni di euro. Dalla scorsa settimana, fatto salvo l’hotel, tutto è in mano dell’amministrazione veneziana. Un anno fa, Pan era stato arrestato con imputazioni che vanno dallo sfruttamento di immigrazione clandestina e prostituzione, dall’evasione fiscale al riciclaggio di denaro. Accuse pesanti che hanno portato al sequestro degli immobili e la loro consegna all’Agenzia nazionale che gestisce i beni della mafia. Il rischio che le proprietà di Pan rimanessero chiuse fino alla fine del processo era alto, con pesanti ricadute su un quartiere già al centro delle polemiche per i problemi di convivenza tra nuovi mestrini, provenienti da ogni angolo del mondo, e residenti storici e dove, per la vicinanza con la stazione, si è creato terreno fertile la microcriminalità. Così Tribunale e Comune hanno deciso di applicare le leggi anti-mafia e trovare il modo di riutilizzare 26 tra uffici, negozi e appartamenti. «Pagheremo un affitto di 120 mila euro per i prossimi cinque anni – ha spiegato Simionato – e altri 120 mila euro saranno investiti nel recupero degli immobili».

Fino alla fine del processo – proprio giovedì, nella stessa ora in cui operatori sociali, vicesindaco e residenti entravano nel centro massaggi, si teneva un’udienza – il Comune non avrà la proprietà. Se ci sarà la condanna (Pan, sua madre e lo zio saranno processati con rito abbreviato il 21 febbraio), i beni confiscati diventeranno di Ca’ Farsetti, in caso contrario torneranno al boss di via Piave. «È la prima esperienza di questa portata in Italia – ha aggiunto il vicesindaco – finora si erano restituite alla collettività ville di boss e terreni, mai beni concentrati in un solo quartiere urbano». Amministrazione e residenti hanno già mille idee su come riconvertire case e uffici. Erano d’altronde anni che si lavorava per arrivare a questo giorno e, chi più, chi meno, tutti avevano immaginato come avrebbero voluto che fosse la zona. L’emergenza in via Piave era scoppiata nel 2006, a fianco dell’azione delle forze dell’ordine, il Comune ha messo in campo Etam, il servizio di animazione di comunità, ed è nato il «Gruppo di via Piave», italiani e stranieri si sono uniti per trovare un modo di convivere nel rispetto reciproco. Etam, ora, traslocherà al civico 145 insieme a Riduzione del danno, il servizio comunale per contrastare l’abuso di sostanze stupefacenti. Alcune cooperative, ad esempio il Villagio globale e Libera, hanno già chiesto spazi ed entro un paio di mesi partiranno i bandi per le assegnazioni. L’idea è di sfruttare il sistema dell’autorecupero: chi si aggiudica appartamenti o uffici, li deve sistemare. «In questi anni abbiamo acquisito la capacità di leggere la situazione, stare nel territorio – ha commentato Marino Costantini, responsabile dei servizi di strada -, da qui è nato un modello unico di intervento». Il vicesindaco è deciso: «Ora inizia la vera sfida ma sappiamo che al nostro fianco ci sono i cittadini».

Menu