Napoli, stuprata a 11 anni dal patrigno, un’albanese fugge in Italia con il fidanzato: lui la fa diventare una “schiava del sesso”

IL MESSAGGERO

È stata stuprata dal suo patrigno, quando ancora era una bimba, poi la fuga in Italia, insieme ad un suo connazionale che si era finto innamorato di lei. Ma qui Serena – questo il nome di fantasia che la polizia le ha dato, come augurio per una vita futura davvero diversa – è stata di fatto ridotta in schiavitù e solo grazie all’intervento della polizia a Napoli è riuscita a liberarsi.

La giovane albanese, di appena 20 anni, una volta giunta nel nostro Paese, si è trovata di fronte una vita di violenze, maltrattamenti, percosse, con un vero e proprio annientamento psicologico. Responsabile di tutto ciò, secondo il racconto fornito dalla ragazza agli agenti del commissariato di polizia dell’Arenella, sarebbe il suo sfruttatore, E.Z., colui che l’aveva convinta a lasciare la sua patria anche per le violenze subite dal patrigno quando lei aveva solo 11 anni.

Serena era costretta a prostituirsi dalle 9.30 alle 19 di ogni giorno, dapprima in località Domiziana di Giugliano (Napoli) e poi a Maddaloni (Caserta). La giovane veniva malmenata per un nonnulla e le percosse le subiva anche se si intratteneva con qualche cliente più dei 10 minuti “programmati”. L’intero incasso della giornata, dai 50 ai 700 euro, veniva trattenuto dallo sfruttatore. A lei lasciava 20 euro da spendere per il rifornimento di benzina nell’auto con la quale si spostava.

Minacciata di morte, con ripercussioni anche nei confronti dei suoi familiari, Serena era divenuta di fatto la schiava di E.Z. che pochi giorni fa, rientrato da una breve assenza per un viaggio in Albania, l’ha accusata di aver rubato i soldi e una pistola che custodiva in casa.

La giovane, malmenata al punto da dover ricorrere alle cure dell’ospedale, pur di porre fine alle torture, ha ammesso di aver commesso il furto, col chiaro scopo di fuggire. Serena, infatti, ha finto di andare a riprendere l’arma e i soldi, recandosi invece in ospedale dove ha chiesto aiuto ai poliziotti che hanno ascoltato la sua triste storia. Dopo aver effettuato vari riscontri circa le dichiarazioni della giovane, gli agenti si sono messi sulle tracce dell’uomo e sono riusciti a rintracciarlo e a sottoporlo a fermo con l’accusa di riduzione in schiavitù, induzione e sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona.

Ora si trova nel carcere di Poggioreale. Secondo la polizia, quella di Serena è una storia come quella di tante altre ragazze dell’Est illuse da ingannevoli speranze, venute in Italia con la promessa di un lavoro e poi trascinate in una realtà di violenza, prostituzione e sfruttamento.

 

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