Unidici stanzette, con un solo bagno e una cucina di fortuna non autorizzata
di Cristina Degliesposti
Rovigo, 24 gennaio 2014 – A UN LATO le (innumerevoli) macchine da cucire e le postazioni di lavoro. Dall’altro, dietro a pareti di compensato e truciolato, un alveare di stanzette, tutte abusive. Loculi che potevano arrivare a ospitare da una a tre persone ognuno. E di quelle stanze gli agenti ne hanno contate ben undici.
E’ questa la situazione che, martedì pomeriggio, si sono trovati davanti agenti, vigili del fuoco e ispettori nel controllo di un laboratorio tessile cinese in via della Cooperazione, a Borsea. Un laboratorio-lager dove le condizioni igieniche erano al di sotto dello standard minimo accettabile e lontano anni luce dai parametri previsti da qualsiasi normativa in materia di lavoro. Sulla sicurezza dei luoghi, poi, le carenze erano innumerevoli tanto che è subito scattata l’immediata sospensione dell’attività. Ora la palla è passata al Comune e al sindaco, che dovrà emettere l’ordinanza di chiusura.
IL BLITZ DELLE FORZE dell’ordine è scattato intorno alle 14,30. A organizzare il tutto è stata la squadra mobile diretta da Bruno Zito con l’ausilio dei vigili del fuoco, della polizia scientifica, del reparto prevenzione crimine, dell’ufficio immigrazione e della direzione provinciale del lavoro. A quell’ora nel laboratorio c’erano sette cittadini cinesi, mentre era assente il titolare, L. L., un 50enne residente a Polesella e in regola con il permesso di soggiorno. L’azienda di L. L. lavorava su incarico di un’altra impresa di confezionamento, gestita da italiani, in Polesine e produceva vestiti per conto di noti marchi nazionali della moda. Delle sette persone trovate in fabbrica, però, solo due stavano lavorando nel capannone che conta qualcosa come una quarantina di postazioni di lavoro.
ENTRAMBI i lavoratori erano in nero, totalmente sconosciuti a Inps e Inail. «Sono in prova, li regolarizziamo in questi giorni», avrebbero detto agli agenti gli altri presenti tra i quali c’era anche un clandestino (che verrà espulso dal Paese e che è stato denunciato). La presenza dei due lavoratori in nero già bastava agli agenti per sospendere l’attività della fabbrica, ma è stato quello che è emerso dopo che ha fatto scattare la chiusura per ragioni di sicurezza. Sul fondo del capannone, in maniera abusiva, erano state ricavate 11 stanzette, con un solo bagno e una cucina di fortuna non autorizzata.
Gli estintori presenti erano tutti scaduti e collegati tramite un sistema di cavi elettrici volanti c’erano qualsiasi tipo di apparecchiature, dalle stufe ai fornelli passando per le coperte elettriche. A corredo, sporco ovunque e condizioni igieniche pessime. L’imprenditore di Polesella è stato denunciato per favoreggiamento della permanenza di clandestini e abuso edilizio. La relazione dei vigili del fuoco ha fatto il resto e, stavolta, non basterà il pagamento della sanzione per il lavoro in nero a riavviare l’attività del laboratorio.