Benin: violentate, in cambio buoni voti E le ragazze a scuola sono in trappola

Attualità

La Repubblica

di VALERIA FRASCHETTI

E’ lo scenario nel quale opera l’Onlus italiana Intervita che ha lanciato un appello contro le molestie sessuali nel paese dell’Africa con dati  statistici che certificano con un’eloquenza il gradfo di povertà, con aspettativa di vita di 56 anni, con il 15% dei bambini che muore prima di averne compiuti 5. Ogni anno 50mila bambini vengono venduti per essere sfruttati come lavoratori nei campi, nelle fabbriche, nelle case

 

ROMA – Altro che ambiente protetto, luogo di tutela dei diritti all’infanzia. In Benin le scuole sono come trappole, in cui le studentesse vivono sotto la minaccia costante di essere vittime di molestie psicologiche e abusi sessuali da parte di chi più dovrebbe difenderle, gli insegnanti. Che troppo spesso usano la propria autorità per ricattarle in cambio di trattamenti privilegiati, minando così lo sviluppo delle ragazze e l’emancipazione femminile, in un Paese in cui si calcola che l’80 per cento delle donne è stata vittima di violenze fisiche.

Il commercio dei bambini. E’ lo scenario drammatico nel quale opera l’Onlus italiana Intervita che ha lanciato un appello contro le molestie sessuali nel Paese dell’Africa nord-occidentale, ricordando come i diritti di milioni di bambine e ragazze nel Sud del mondo vengano ancora calpestati quotidianamente. Il piccolo Benin è tra i Paesi più poveri dell’area sub-sahariana. E le sue statistiche lo certificano con un’eloquenza deprimente: l’aspettativa di vita è di 56 anni, il 15 per cento dei bambini muore prima di averne compiuti cinque. L’indigenza, poi, alimenta un traffico di minori allarmante: ogni anno 50mila bambini vengono venduti per essere sfruttati come lavoratori nei campi, nelle fabbriche, nelle case. Non sorprende quindi che il tasso di analfabetismo resti altissimo, soprattutto tra le giovani. Si stima che solo il 30 per cento delle ragazze tra i 15 e i 24 anni sappia leggere. E, va da sé, il fenomeno degli abusi da parte degli insegnanti non fa che scoraggiare le famiglie dal mandare le proprie figlie a scuola.

L’80% delle ragazze subisce abusi. Non esistono dati ufficiali sulla diffusione delle molestie negli istituti scolastici. Di certo, però, vanno letti in un più ampio scenario sociale, in cui la violenza contro le beninesi è prassi diffusa. Secondo uno studio del Ministero della Famiglia che risale al 2009, il 93% delle ragazze sono vittime di violenze verbali o psicologiche, l’80% di violenze fisiche, il 17% di violenze sessuali, il 2,8% di mutilazioni genitali. Abusi sistematici, quindi, disseminati nell’arco della vita di una donna, e spesso tacitamente accettati. Il rapporto Troppo spesso in silenzio, sponsorizzato tra gli altri dall’Unicef, descriveva nel 2010 il fenomeno degli abusi nelle scuole come comune a tutta l’Africa nord-occidentale.

Punizioni corporali e ricatti sessuali. In Benin, come in Senegal, Gambia e Mauritania, gli alunni (maschi inclusi) sono vittime di punizioni corporali inflitte dagli insegnanti. L’allarme maggiore, però, è per le bambine, che sono anche vittime di abusi sessuali. Abusi che avvengono nelle classi, nei bagni, nelle sale professori, da parte di maestri, bidelli e altri dipendenti scolastici. Forme di sfruttamento sessuale che nella maggior parte dei casi avvengono dietro la promessa di buoni voti, come conferma anche Marco Carlini, responsabile locale di Intervita: “Sfruttando la loro autorità e il loro potere, gli insegnanti tendono a ricattare le alunne promettendo buoni voti e trattamenti privilegiati, o al contrario minacciando punizioni e cattive valutazioni, in cambio di favori sessuali di varia natura, da una semplice complicità ad atti sessuali completi forzati”.

Conseguenze sono devastanti. Lo sono sotto il profilo fisico, mentale e sociale. Gravidanze indesiderate, contrazione di malattie sessualmente trasmissibili, shock psicologici. Non solo: “L’inadeguatezza e l’imbarazzo possono spingere le adolescenti ad abbandonare la scuola o ad avere difficoltà a seguire le lezioni”, sostiene Carlini che con l’ong milanese – presente in Benin dal 2008 con progetti tesi a promuovere l’accesso alla salute e all’istruzione – sta realizzando una serie di incontri nelle scuole dal titolo “Molestie sessuali in ambito scolastico: manifestazioni, conseguenze, prevenzione e repressione”.

Rompere il silenzio. L’obiettivo è rompere il silenzio sul fenomeno, richiamando la funzione educativa degli insegnanti e individuando delle soluzioni per rendere le scuole più sicure. Al primo incontro, in un istituto secondario, hanno partecipato mille studenti, una ventina di insegnanti e il preside, oltre a due esperti che hanno moderato il dibattito e sollecitato le testimonianze degli studenti. Reagire, però, non è facile per le vittime. La paura di ritorsioni, del giudizio sociale e la consapevolezza della diffusa impunità dei colpevoli fanno delle denunce una rarità. Le leggi a protezione delle minori restano perlopiù inapplicate, in parte per mancanza di risorse. E a poco servono anche i comitati di “Genere”, organismi interni alle scuole creati per vigilare sui diritti delle studentesse. “Sono poco effettivi – denunciano da Intervita – perché i professori tendono a difendersi reciprocamente o a nascondere i soprusi dei colleghi”. Omertà e opportunismo, quindi, per azzittire la rabbia e l’indignazione della seconda metà del cielo del Benin.

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