con la legge 6 agosto 2013, n. 96, (“legge di delegazione europea”)
il Parlamento ha dato delega al Governo per il recepimento di alcune direttive europee, tra le quali la 2011/36;
dando seguito a tale delega, il Consiglio dei Ministri del 3 dicembre
ha approvato lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva;
è stato quindi avviato l’iter che prevede l’acquisizione dei pareri prescritti, in vista dell’approvazione della versione definitiva del decreto:
– parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
– pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Trovate qui i riferimenti per consultare lo schema di decreto, e la relazione illustrativa che lo accompagna:
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_2_1.wp?previsiousPage=mg_1_2_1&contentId=SAN972512
Schema di D.Lgs. – Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani – Testo
Schema di decreto legislativo recante: “Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI”
Indice
Art. 1 – Principi generali
Art. 2 – Modifiche al codice penale
Art. 3 – Modifica al codice di procedura penale
Art. 4 – Minori non accompagnati
Art. 5 – Obblighi di formazione
Art. 6 – Diritto di indennizzo delle vittime di tratta
Art. 7 – Meccanismo equivalente
Art. 8 – Modifiche all’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
Art. 9 – Modifiche alla legge 11 agosto 2003, n. 228 recante “Misure contro la tratta degli esseri umani”
Art.10 – Disposizioni di rinvio
Art. 11 – Clausola di invarianza finanziaria
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime;
Vista la legge 6 agosto 2013, n. 96, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – legge di delegazione europea 2013 e, in particolare, gli articoli 1 e 5, nonché l’allegato B;
Visto il regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, recante Approvazione del testo definitivo del codice penale;
Visto il decreto del Presidente della repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante Approvazione del codice di procedura penale;
Vista la legge 11 agosto 2003, n. 228, recante Misure contro la tratta di persone;
Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, recante Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta;
Visto il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 novembre 2013;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del __________2013;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 dicembre 2013;
Sulla proposta del Ministro degli affari europei, del Ministro della giustizia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per gli affari esteri, il Ministro dell’interno e il Ministro dell’economia e delle finanze;
Art. 1
(Principi generali)
- Nell’attuazione delle disposizioni del presente decreto legislativo, si tiene conto, sulla base di una valutazione individuale della vittima, della specifica situazione delle persone vulnerabili quali i minori, i minori non accompagnati, gli anziani, i disabili, le donne, in particolare se in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone con disturbi psichici, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica, sessuale o di genere.
Art. 2
(Modifiche al codice penale)
- Al regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, sono apportate le seguenti modificazioni:
- all’art. 600:
- al primo comma, dopo le parole: «all’accattonaggio o comunque» le parole: «a prestazioni» sono sostituite dalle seguenti parole: «al compimento di attività anche illecite» e dopo la parola «sfruttamento» sono inserite le seguenti parole: «ovvero a sottoporsi al prelievo di organi»;
- al secondo comma, dopo le parole: «approfittamento di una situazione» sono aggiunte le seguenti parole: «di vulnerabilità,»;
- l’articolo 601 è sostituito dal seguente:
«E’ punito con la reclusione da otto a venti anni chiunque recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l’autorità sulla persona, ospita una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività anche illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi.
Alla stessa pena soggiace chiunque, anche al di fuori delle modalità di cui al primo comma, realizza le condotte ivi previste nei confronti di persona minore di età».
- all’art. 600:
Art. 3
(Modifica al codice di procedura penale)
Al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, è apportata la seguente modifica:
- all’articolo 398, dopo il comma 5-bis è aggiunto il seguente comma:
«5-ter. Il giudice, su richiesta di parte, applica le disposizioni di cui al comma 5-bis quando fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano maggiorenni in condizione di particolare vulnerabilità, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede».
Art. 4
(Minori non accompagnati)
- I minori non accompagnati vittime di tratta devono essere adeguatamente informati sui loro diritti, incluso l’eventuale accesso alla procedura di determinazione della protezione internazionale.
- Con decreto di natura non regolamentare del Ministro con delega alle pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell’interno, il Ministro della giustizia e il Ministro degli affari esteri, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono definiti i meccanismi attraverso i quali, nel rispetto del superiore interesse del minore si procede alla determinazione dell’età dei minori non accompagnati vittime di tratta anche attraverso una procedura multidisciplinare di determinazione dell’età, condotta da personale specializzato e secondo procedure appropriate e, se strettamente necessario, all’identificazione dei minori mediante il coinvolgimento delle autorità diplomatiche.
Art. 5
(Obblighi di formazione)
- All’interno dei percorsi di formazione realizzati dalle Amministrazioni competenti nell’ambito della propria autonomia organizzativa sono previsti specifici moduli formativi sulle questioni inerenti alla tratta degli esseri umani per i pubblici ufficiali interessati.
Art. 6
(Diritto di indennizzo delle vittime di tratta)
1. All’articolo 12 della legge 11 agosto 2003, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:
- dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Il Fondo per le misure anti-tratta è anche destinato all’indennizzo delle vittime dei reati previsti al comma 3.
2-ter. L’indennizzo è corrisposto nella misura di euro 1.500,00 per ogni vittima, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali del Fondo, detratte le somme erogate alle vittime, a qualunque titolo, da soggetti pubblici.
2-quater. La domanda di accesso al Fondo ai fini dell’indennizzo è presentata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, a pena di decadenza, entro un anno dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno ovvero dalla pronuncia di sentenza non definitiva al pagamento di una provvisionale, emesse successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. La vittima deve dimostrare di non avere ricevuto ristoro dall’autore del reato, nonostante abbia esperito l’azione civile e le procedure esecutive.
2-quinquies. Quando è ignoto l’autore del reato, la domanda di cui al comma 2-quater è presentata entro un anno dal deposito del provvedimento di archiviazione, emesso ai sensi dell’articolo 415 del codice di procedura penale, successivamente all’entrata in vigore del presente decreto. Decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, cui è allegato in copia autentica il provvedimento di archiviazione, senza che sia intervenuta comunicazione di accoglimento, la vittima può agire nei confronti del Fondo.
2-sexies. Il diritto all’indennizzo non può essere esercitato da coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva, ovvero, alla data di presentazione della domanda, sono sottoposti a procedimento penale per uno dei reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.
2-septies. Il Fondo è surrogato, fino all’ammontare delle somme corrisposte a titolo di indennizzo, nei diritti della parte civile o dell’attore verso il soggetto condannato al risarcimento del danno.».
Art. 7
(Meccanismo equivalente)
- Il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’ambito delle competenze ad esso devolute, è l’organismo deputato a:
- svolgere compiti di indirizzo e coordinamento con riguardo agli interventi di prevenzione sociale del fenomeno della tratta degli esseri umani e di assistenza delle relative vittime, nonché di programmazione delle risorse finanziarie in ordine ai programmi di assistenza ed integrazione sociale concernenti tale fenomeno;
- valutare le tendenze della tratta degli esseri umani, avvalendosi di un adeguato sistema di monitoraggio posto in essere anche attraverso la raccolta di dati statistici effettuata in collaborazione con le altre Amministrazioni competenti e con le organizzazioni della società civile attive nel settore;
- presentare al coordinatore anti-tratta dell’Unione Europea una relazione biennale contenente i risultati del monitoraggio sulla base dei dati forniti ai sensi della lettera b) del presente comma.
- Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro delegato alle pari opportunità sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo.
Art. 8
(Modifiche all’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero)
- All’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
“3-bis. Per gli stranieri e per i cittadini di cui al comma 6-bis del presente articolo, vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale, o che versano nelle ipotesi di cui al comma 1 del presente articolo si applica, sulla base del Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, di cui all’articolo 13, comma 2-bis, della legge 11 agosto 2003, n. 228, un programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale che garantisce, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria, ai sensi dell’articolo 13 della legge 228 del 2003 e, successivamente, la prosecuzione dell’assistenza e l’integrazione sociale, ai sensi del comma 1 di cui al presente articolo. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro con delega alle pari opportunità – di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali -, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è definito il programma di emersione, assistenza, e di protezione sociale di cui al presente comma e le relative modalità di attuazione.”.
Art. 9
(Modifiche alla legge 11 agosto 2003, n. 228 recante “Misure contro la tratta degli esseri umani”)
- All’articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228 dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
“2-bis. Al fine di definire strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, nonché azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all’emersione e all’integrazione sociale delle vittime, con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro con delega alle pari opportunità e del Ministro dell’interno nell’ambito delle rispettive competenze, sentiti gli altri Ministri interessati, previa acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza Unificata, è adottato il Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani.
In sede di prima applicazione, il Piano di cui al presente comma è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Art.10
(Disposizioni di rinvio)
- Le Amministrazioni che si occupano di tutela e assistenza delle vittime di tratta e quelle che hanno competenza in materia di asilo individuano misure di coordinamento tra le attività istituzionali di rispettiva competenza, anche al fine di determinare meccanismi di rinvio, qualora necessari, tra i due sistemi di tutela.
- Nelle ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, allo straniero sono fornite adeguate informazioni, in una lingua a lui comprensibile, in ordine alle disposizioni di cui al predetto comma 1, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, informazioni sulla possibilità di ottenere la protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.
- All’articolo 32 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
“3 bis. La Commissione territoriale trasmette altresì gli atti al Questore per le valutazioni di competenza se nel corso dell’istruttoria sono emersi fondati motivi per ritenere che il richiedente è stato vittima dei delitti di cui agli articoli 600 e 601 del codice penale”.
Art. 11
(Clausola di invarianza finanziaria)
- Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate provvedono ai compiti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Relazione illustrativa
Schema di decreto legislativo recante: “Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI”
La direttiva 2011/36/UE, che sostituisce la Decisione quadro del Consiglio 2002/229/GAI, stabilendo norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nell’ambito della tratta di esseri umani nonché introducendo disposizioni comuni per i vari Stati membri dell’Unione europea, mira a rafforzare la prevenzione e la repressione di tale reato e la protezione delle vittime.
A livello internazionale diversi organismi (Consiglio d’Europa, ONU, OSCE) hanno da tempo promosso la stipula di Convenzioni e Protocolli in tale materia (si pensi alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, aperta alla firma a Palermo nel dicembre 2000, e ai suoi due Protocolli addizionali) offrendo così l’indispensabile base giuridica per la penalizzazione delle condotte e per le procedure di cooperazione giudiziaria.
In tale ambito anche l’Unione europea ha messo a punto una sua strategia, articolata in misure amministrative ed iniziative normative, per migliorare le attività di contrasto, secondo un approccio unitario, nel quale confluiscono le finalità di prevention, prosecution and protection, e sviluppare efficaci azioni di partenariato con altre organizzazioni internazionali e con paesi terzi.
Momenti salienti di questa strategia sono stati: la Dichiarazione di Bruxelles del settembre 2002 sulla prevenzione e sul traffico di esseri umani – Una sfida globale per il XXI secolo; la costituzione, nel marzo 2003, di un “Gruppo di esperti sul traffico di esseri umani”; l’adozione del Piano globale per un’azione contro la tratta degli esseri umani del dicembre 2005.
Di recente, inoltre, si sono registrate: la Risoluzione adottata il 10 febbraio 2010 dal Parlamento europeo sul tema della prevenzione del traffico di esseri umani; la Comunicazione del 19 giugno 2012 al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata “La strategia dell’Unione europea per l’eradicazione della tratta degli esseri umani (2012 – 2016)”.
In particolare, la Strategia dell’Unione europea per l’eradicazione della tratta degli esseri umani contiene delle priorità rappresentate dall’individuare, proteggere e assistere le vittime della tratta; l’intensificare la prevenzione della tratta di esseri umani; il potenziare l’azione penale nei confronti dei trafficanti; il migliorare il coordinamento e la cooperazione tra i principali soggetti interessati e la coerenza delle politiche; l’aumentare la conoscenza delle problematiche emergenti relative a tutte le forme di tratta di essere umani e il dare conseguentemente risposte efficaci.
Diversi sono gli strumenti internazionali che impegnano gli Stati all’adozione di norme omogenee al fine di armonizzare la legislazione sul piano sostanziale: presupposto indispensabile per consentire forme efficaci di cooperazione investigativa e giudiziaria per un fenomeno criminale di dimensione transnazionale, attesa la capacità di questi sodalizi, composti di persone di diversa http://farmaciaitaly.com/cialis.html nazionalità, di operare contemporaneamente in più paesi e in più mercati illeciti.
Si ricordano, ex plurimis, la Convenzione delle Nazioni Unite del 2 dicembre 1949 per la soppressione del traffico di persone con cui gli Stati si sono impegnati a proteggere i migranti, in particolare donne e bambini, in tutto il percorso migratorio e a pubblicizzare il rischio e i danni della tratta; la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Shengen del 19 giugno 1990 che impegna gli Stati a prevedere sanzioni adeguate nei confronti di chiunque aiuti o tenti di aiutare a scopo di lucro uno straniero a entrare o soggiornare nel territorio di una parte contraente in violazione della legislazione di detta parte relativa all’ingresso e al soggiorno degli stranieri; la Risoluzione dell’Assemblea generale ONU del 23 dicembre 1994 che ha ricondotto l’ipotesi del traffico delle donne a scopo di sfruttamento sessuale alla più ampia fattispecie del traffico di essere umani; le Convenzioni ONU finalizzate all’attuazione di misure relative al recupero sociale delle vittime della tratta di persone, attraverso opportunità educative e di formazione, e di altre misure preordinate a garantire la permanenza delle vittime sul territorio dello Stato a titolo temporaneo o permanente.
Nell’ambito degli strumenti internazionali tesi a combattere una vera e propria emergenza criminale di tipo globale, si inserisce la direttiva 2011/36/UE, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che non solo persegue l’obiettivo di garantire un rafforzamento delle misure penali di repressione (intervenendo sulle condotte antigiuridiche da perseguire, sul trattamento sanzionatorio, sull’attività investigativa e giurisdizionale), ma altresì di assicurare una effettiva protezione delle vittime intesa quale momento imprescindibile nell’azione di contrasto alla tratta di persone e che necessariamente richiede un approccio integrato sia sul piano dei differenti profili di intervento (giudiziario e sociale) sia su quello dei diversi attori coinvolti (forze di polizia, magistratura, enti pubblici, organizzazioni non governative).
Le problematiche affrontate dalla direttiva in oggetto sono essenzialmente la prevenzione/repressione della tratta e la tutela delle vittime della tratta stessa, che rappresentano i settori che hanno dimostrato le maggiori carenze delle legislazioni nazionali.
Nell’azione di contrasto alla tratta degli esseri umani la direttiva, in sintonia con gli altri testi sovranazionali in materia, riafferma il ruolo prioritario del diritto penale. Essa contiene innanzitutto una definizione di tratta, in cui rientrano una serie di comportamenti dolosi, che dovranno essere incriminali da parte dei legislatori nazionali: infatti, ai sensi dell’art. 2, deve intendersi come tratta «il reclutamento, il trasporto, trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell’autorità su queste persone, con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l’offerta o l’accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra ai fini di sfruttamento». Vengono inoltre individuate le finalità di sfruttamento, a cui le succitate condotte sono preordinate, in un’ampia serie di attività (art. 2, par. 3), nelle quali sono annoverate – accanto allo sfruttamento della prostituzione altrui e ad altre forme di sfruttamento sessuale, allo sfruttamento del lavoro, alla schiavitù e all’accattonaggio – il prelievo di organi, il generale impiego delle vittime in attività illecite (si pensi, a titolo esemplificativo, all’utilizzo delle persone ridotte in schiavitù per commettere reati di borseggio, taccheggio e traffico di stupefacenti).
Vengono altresì previste, tra gli aspetti più significativi: la irrilevanza del consenso della vittima allo sfruttamento qualora sia stato utilizzato uno dei mezzi coercitivi previsti al fine dell’acquisizione del controllo sul soggetto passivo; la punibilità dell’istigazione, del favoreggiamento, del concorso e del tentativo di tratta; una specifica entità del trattamento sanzionatorio nonché una serie di circostanze aggravanti, la maggior parte delle quali qualificate dalle condizioni delle vittime; la responsabilità delle persone giuridiche; misure che consentano alle autorità degli Stati membri di sequestrare e confiscare gli strumenti ed i proventi derivanti dai reati di tratta.
La direttiva in esame affianca al diritto penale, nell’azione di prevenzione della tratta, strumenti di natura diversa. Essa, infatti, prescrive agli Stati membri di realizzare politiche di prevenzione attraverso l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione, informazione, anche tramite internet ed in cooperazione con organizzazioni della società civile, volte a frenare la tratta e a ridurre il rischio di divenire vittime di tali fenomeni.
Al fine di verificare l’andamento del fenomeno della tratta e di valutare l’efficacia delle politiche preventive, anche attraverso la raccolta di dati statistici, la direttiva stabilisce l’istituzione da parte di ogni Stato membro di un relatore nazionale o di un’istituzione analoga (art. 19); mentre a livello europeo, con l’intento di assicurare un coordinamento delle autorità nazionali nell’azione di prevenzione, è previsa l’istituzione – in linea peraltro con le indicazioni del Programma di Stoccolma – della figura del Coordinatore anti-tratta, il quale contribuisce alla realizzazione della relazione biennale della Commissione in merito ai progressi compiuti nel contrasto alla tratta degli esseri umani (art. 20).
La direttiva contiene altresì disposizioni a carattere processuale dirette a potenziare l’azione di repressione degli autori dei reati di tratta anche perché, pur a fronte dell’incremento dello svolgimento di indagini e di processi per tratta, il numero dei casi perseguiti risulta limitato a fronte della reale entità del fenomeno e della quantità delle vittime.
Prima di tutto la direttiva svincola lo svolgimento delle indagini o l’esercizio dell’azione penale da una denuncia o accusa formale delle vittime (art. 9); allo stesso modo esclude che l’eventuale ritrattazione delle vittime determini l’interruzione del procedimento penale. Infatti, la subordinazione delle indagini o dell’esercizio dell’azione penale ad una dichiarazione della vittima, come pure l’interruzione del procedimento a causa della ritrattazione di quest’ultima, potrebbero ostacolare la repressione della tratta, giacché si riscontra spesso una scarsa collaborazione delle vittime con gli organi inquirenti a causa del timore di ritorsioni nei confronti, in specie, dei familiari rimasti in Patria.
In presenza di una vittima minorenne, ciascun Paese membro deve poi assicurare che il reato de qua, ancorché prescritto, possa essere perseguito per un congruo periodo di tempo dopo il raggiungimento della maggior età da parte di quest’ultima (art. 9, par. 2).
È inoltre imprescindibile la cooperazione tra le autorità di polizia e giudiziarie dei diversi Paesi interessati nella repressione della tratta: infatti, viene previsto che gli uffici incaricati delle indagini o dell’esercizio dell’azione penale abbiano a disposizione strumenti investigativi efficaci, come quelli utilizzati contro la criminalità organizzata e altri gravi reati (art. 9, par. 4).
La direttiva si preoccupa, altresì, adottando criteri diversificati, di estendere il più possibile la sussistenza della giurisdizione dei Paesi membri nel perseguimento degli autori della tratta.
Infine, l’ulteriore aspetto trattato dalla direttiva è rappresentato dalla tutela della vittima cui si dedica particolare attenzione: è accresciuta la sua tutela processuale e amministrativa.
Con riferimento alla tutela processuale, la direttiva non subordina l’instaurazione di un procedimento per il reato di tratta di esseri umani alla querela, denuncia o accusa formulata dalla persona offesa e prevede la continuazione del procedimento anche nel caso di ritrattazione di quest’ultima. Una novità significativa è poi rappresentata dalla predisposizione di specifici accorgimenti per prevenire i fenomeni di vittimizzazione secondaria e per preservare la sicurezza delle vittime.
Per quanto riguarda la tutela amministrativa, è prescritto agli Stati membri di assicurare alle vittime della tratta adeguate misure di assistenza e sostegno, fornite su base consensuale e informata, che deve essere parametrate alle loro esigenze specifiche.
E’ da sottolineare la scelta di non subordinare l’operatività degli strumenti di assistenza amministrativa alla volontà di collaborazione delle vittime che mostra l’intento del legislatore europeo di non utilizzare siffatti mezzi di tutela in una prospettiva repressiva e di aggravamento del conflitto autore/vittima, bensì di fare emergere una loro esclusiva natura solidaristica.
Altra novità è rappresentata dalla previsione di una protezione delle vittime non generalizzata, bensì modulata sulla base dei bisogni e delle necessità individuali delle stesse: gli Stati membri devono infatti «tener conto delle esigenze specifiche delle vittime, derivanti in particolare dall’eventuale stato di gravidanza, dallo stato di salute, da eventuali disabilità, disturbi mentali o psicologici, o dalla sottoposizione a gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale» (art. 11, par. 7). Per di più, viene previsto che gli operatori destinati ad entrare in contatto con vittime della tratta siano adeguatamente formati, così da riconoscere facilmente le vittime di tali fatti e da rapportarsi con esse nel modo più opportuno (art. 18, par. 3).
A fronte di un fenomeno criminale particolarmente allarmante, in grado di violare la sicurezza e i diritti delle persone che ne sono vittime e di minacciare altresì la creazione di quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia che rappresenta uno degli obiettivi dell’Unione europea, l’attuale quadro normativo è dotato di un apprezzabile idoneità repressiva in linea con le istanze sovranazionali.
In particolare, il contesto legislativo nazionale è caratterizzato da una progressiva stratificazione normativa nell’ambito della quale sono da individuare i seguenti provvedimenti: L. n. 146/06 («Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001»); L. n. 108/10 («Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno»).
Lo stesso codice penale già contempla la tratta di donne e minori commessa all’estero (art. 537), la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600), la tratta di persone (art. 601), l’acquisto e l’alienazione di schiavi (art. 602), la confisca (art. 600-septies), l’ipotesi del fatto commesso all’estero (art. 604). Senza trascurare come il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, sulla responsabilità degli enti preveda la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (art.25-quinquies).
Si è ritenuto tuttavia di novellare gli articoli 600 e 601 del codice penale in un’ottica di rafforzamento dello strumento punitivo, conformemente al tenore della direttiva, facendo in modo che nessuna delle possibili manifestazioni della tratta di esseri umani possa sfuggire alla repressione penale.
Per questo motivo all’art. 600 del codice penale è stato aggiunto, fra le attività cui può essere costretta la vittima di tratta, il prelievo di organi e qualunque prestazione illecita.
Inoltre, al primo comma dell’art. 601 del codice penale, si è operata una specificazione delle condotte attraverso le quali si realizza la tratta, includendovi, in aderenza alla direttiva, il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’accoglienza e la cessione d’autorità sulla vittima.
E’ stato, inoltre, introdotto un secondo comma nel quale si prevede, in attuazione di una specifica disposizione della direttiva, che, nell’ipotesi in cui la vittima della tratta sia una persona minore d’età, ricorre l’ipotesi di reato anche se lo stesso non è compiuto con le modalità previste nel primo comma (frode, inganno, minaccia, dazione di denaro, etc.).
La novella apportata all’articolo 398 del codice di procedura penale nasce dall’esigenza di estendere, in sede di esame, la tutela prevista per le vittime minori di età o maggiori di età, ma inferme di mente, a tutte le vittime maggiorenni in condizione di particolare vulnerabilità, richiamando la disposizione recentemente introdotta con il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.
Nella specie, è previsto che il giudice assicuri che l’esame venga condotto anche tenendo conto della particolare vulnerabilità della persona offesa, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, e che, ove ritenuto opportuno, disponga, a richiesta della persona offesa o del suo difensore, l’adozione di modalità protette (a titolo esemplificativo, il vetro divisorio).
Gli artt. 4, 5 e 10, comma 2, rispondono all’esigenza sopra esposta di un rafforzamento della tutela delle vittime anche attraverso la previsione di una adeguata informazione sui loro diritti nonché attraverso percorsi formativi nei confronti degli operatori che entrano in contatto con le stesse.
Quanto alle vittime minori di età non accompagnati si rimanda ad una fonte regolamentare la definizione dei meccanismi per la determinazione dell’età e per la loro identificazione.
Con l’art. 6 si è inteso colmare l’ulteriore lacuna del nostro sistema in relazione all’art. 17 della direttiva che prevede: “gli Stati membri provvedono affinché le vittime della tratta di esseri umani abbiano accesso ai sistemi vigenti di risarcimento delle vittime di reati dolosi violenti”.
In proposito, si operato un intervento sull’art. 12 della legge 11 agosto 2003, n. 228 estendendo le finalità cui è attualmente destinato il Fondo per le misure anti-tratta anche all’indennizzo delle vittime dei reati di tratta, elencati nel successivo comma 3. La novella si è resa necessaria in quanto, allo stato, il nostro ordinamento non contempla un sistema generalizzato di indennizzo a favore delle vittime dei reati intenzionali violenti, esistendo soltanto diversi Fondi, istituiti ex lege, a fini indennitari-risarcitori solo per specifiche categorie di vittime di talune predeterminate fattispecie di reato (mafia e terrorismo; usura; estorsione, Uno bianca… ).
La disposizione introdotta, coerente con l’attuale impostazione, rende operativo a fini di indennizzo il suddetto Fondo anti-tratta alimentato con i proventi derivanti dalla confisca dei beni a seguito di sentenza di condanna penale. Sono previste una serie di condizioni per l’accesso al Fondo al fine di garantire che il sistema pubblico di indennizzo sia sostenibile ed intervenga solo a favore di coloro che effettivamente non possono ottenere ristoro dai responsabili del reato: questo allo scopo di impiegare effettivamente le limitate risorse finanziarie per le finalità imposte dalla direttiva, prevenendo eventuali indebite elargizioni che, esaurendo le disponibilità economiche, inevitabilmente pregiudicherebbero i reali aventi diritto. Il diritto all’indennizzo, tuttavia, è riconosciuto anche nei casi in cui sia rimasto ignoto l’autore del reato. In tali ipotesi per l’interessato sarà necessario allegare alla domanda il provvedimento di archiviazione intervenuta “perché ignoto l’autore del reato”.
Si è ritenuto di inserire il requisito di accesso al Fondo rappresentato dai “… limiti delle disponibilità finanziarie annuali” dello stesso, mutuato dall’art. 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, sulla istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.
La previsione di un ristoro liquidato in misura fissa, nonostante si sia in presenza di un diritto soggettivo, si giustifica in quanto, a differenza dei reati che arrecano un danno alla integrità della persona modulabile in ragione della natura e gravità delle lesioni subite, nel caso della tratta, non essendo applicabili i criteri in materia di invalidità, si riconosce un ristoro per il quale sussiste difficoltà di rinvenire un parametro cui commisurare l’entità dell’indennizzo; senza trascurare che l’eventuale previsione di un limite minimo e massimo di indennizzo introdurrebbe una discrezionalità non ancorata ad alcun criterio predeterminato, nonché un appesantimento della relativa procedura di liquidazione con inevitabili oneri aggiuntivi per l’amministrazione.
L’art. 7 recepisce la disposizione di cui all’articolo 19 della direttiva prevedendo in capo al Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri compiti di indirizzo, coordinamento, monitoraggio in materia di tratta degli esseri umani.
Tale Dipartimento rappresenterà il punto di contatto per il coordinatore anti tratta dell’Unione europea al quale presenterà una relazione biennale contenente i risultati del monitoraggio svolto anche attraverso la raccolta di dati statistici in collaborazione con altre amministrazioni competenti e con organizzazioni della società civile.
Gli artt. 8 e 9 corrispondono all’esigenza di rendere più coordinata ed efficace l’azione di prevenzione e contrasto del fenomeno della tratta e di assistenza e integrazione delle vittime.
In particolare, l’art. 8, aggiungendo un comma all’art. 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, stabilisce che nei confronti delle vittime della tratta sia definito, con decreto del Ministro con delega alle pari opportunità, di concerto con il Ministro dell’interno e del lavoro e delle politiche sociali, un programma unico di emersione, assistenza ed integrazione sociale delle stesse.
L’art. 9, intervenendo sull’art. 13 della legge n. 228 del 2003, prevede invece che, con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro con delega alle pari opportunità e del Ministro dell’interno, ognuno negli ambiti di rispettiva competenza, sia adottato un Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, al fine di individuare strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e per il contrasto di tali fenomeni.
L’art. 10 prevede disposizioni in tema di coordinamento tra le attività istituzionali delle amministrazioni che si occupano di tutela e assistenza delle vittime di tratta nonché tra la Commissione di cui all’art. 32 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e il Questore.