La Stampa
La denuncia del presidente del Piam:“Basta con l’ipocrisia, tutti vedono e fanno finta di nulla”
Le vie del sesso non sono infinite, tantomeno in una piccola città come Asti. Basta percorrere corso Casale, oppure corso Alessandria, o imboccare il sottopassaggio della Saclà, per vedere una sfilata di tacchi alti, ciglia arricchite da paillettes e borsette rosso vernice. Alcune parlano al cellulare e camminano avanti e indietro lungo un metro di marciapiede, altre contrattano il prezzo davanti a un finestrino appena abbassato, le più disilluse si siedono sulla colonnina del distributore di benzina e aspettano. Sono le 23,30. Davanti alla Coop di corso Alessandria si ferma un cliente ogni 15-20 minuti. Nel raggio di un chilometro ci sono sei ragazze, qualcuna in coppia, le altre da sole, a distanza di poche decine di metri. Hanno circa vent’anni. Chiedono 15 euro, ma poi scendono a 10. «Per tutto?» chiede il cliente. «Sì, tutto». È passata mezzanotte. Sotto il cavalcavia della Saclà non sembra esserci nessuno. Basta aspettare dieci minuti e si ferma una Fiat Panda, scendono due ragazzine. Forse, vestite con un paio di jeans e scarpe da ginnastica, magari senza trucco, qualcuno potrebbe facilmente scambiarle per bambine, senza rischio di smentita. E se le baby squillo romane che tanto fanno discutere in questi giorni arrivavano a guadagnare 400 euro al giorno, da spendere tra vestiti firmati e cocaina, le squillo astigiane che lavorano sulla strada spesso devono pagare il loro debito, contratto con chi le ha portate in Italia, gettate sulla strada, per sfruttarne l’innocenza, la giovane età, la paura. Insomma, se «Bocca di rosa» lo faceva per passione, loro no.
«Sulla prostituzione minorile si finisce sempre per trincerarsi dietro l’ipocrisia – sbotta Alberto Mossino, presidente del Piam onlus, l’associazione che da anni combatte la tratta delle donne -. Tutti quanti, sentendo il caso scoperto a Roma, inorridiscono, come se fosse un caso raro, di una gravità inaudita. Certo, la gravità c’è, ma va cercata nei tanti astigiani che tutti i giorni vedono e pagano queste minorenni, poi tornano a casa e fanno finta di nulla. Controllarle, del resto, non è semplice. Spesso non hanno documenti e mentono sull’età, ma non ci vuole molto per capire che sono vittime di sfruttatori senza scrupoli».
Sulla strada si vedono nigeriane, albanesi, slave. «Molte arrivano in treno da Torino, le fanno girare spesso così impediscono loro di crearsi dei contatti, di chiedere aiuto». La prostituzione ad Asti riguarda anche italiane, giapponesi, thailandesi. Ma il canale è diverso. Basta prendere un qualunque giornale locale con la rubrica dedicata a «Incontri e Ore liete» o visitare il sito www.astierotica.com per trovare «giovanissime massaggiatrici». Non c’è che l’imbarazzo della scelta.