La Repubblica

 

OTTAVIA GIUSTETTI

 

Sono diciassette gli arresti eseguiti questa mattina dalla Squadra mobile di Torino in collaborazione con la polizia romena. L’organizzazione criminale di soli romeni gestiva prostituzione, spaccio, estorsioni e rapimenti a scopo di estorsione. Il capo guidava i sottoposti dal carcere.

 

La mafia romena, la prima in Italia cui viene contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, si chiama “Brigada”, ha un’organizzazione infallibile e violenta, e un simbolo che i componenti si tatuano sul corpo: una grossa croce di colore rosso. Il padrino si chiama Viorel Oarza, 1977, già in carcere per tentato omicidio, con un vice a piede libero che esegue i suoi ordini, Eugen Paun, detto Coco.

Armi e simboli

Dopo un’indagine durata un anno e mezzo gli uomini della squadra mobile di Torino e dello Sco, in collaborazione con la polizia romena, hanno eseguito questa mattina 17 ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei vertici dell’organizzazione che gestisce in città spaccio, sfruttamento della prostituzione, ha il monopolio del servizio di sicurezza nelle discoteche ed è proprietaria attraverso prestanome di numerosi locali. E che ha “sconfitto” in pochi anni le organizzazioni criminali albanesi. Tra gli arrestati c’è anche un pericoloso latitante, ricercato da otto anni per una condanna a dieci anni di carcere per violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione.
La cupola dell’organizzazione, la prima composta totalmente da stranieri cui viene contestato il reato associativo in Italia, aveva rituali, apparentamenti molto simili a quelli della mafia italiana. La gerarchia estremamente verticistica adottava nomi che sembrano presi a prestito dal gergo paramilitare: brigada, generali, frecce, sclav (schiavi). L’età media dei generali è 30 anni. Il capo indiscusso è Viorel Oarza, con una storia di ex pugile professionista che in carcere ha organizzato una squadra di pugili tra i detenuti, e che invia i suoi ordini all’esterno al suo vice “Coco”, attraverso la moglie durante i colloqui. I magistrati che coordinano le indagini, i pubblici ministeri Monica Abbatecola e Paolo Toso, sospettano che in carcere qualcuno abbia aiutato Oarza a comunicare con i suoi uomini, fornendogli un telefono. Sarebbe stata una suora volontaria, secondo quanto scritto nelle oltre 600 pagine di ordinanza, ad aiutarlo a mantenere il controllo sulla sua “Brigada”, permettendogli di usare il suo cellulare mentre si trovava nei locali delle cucine delle Vallette. Il suo vice, Eugen Paun, si era invece salvato, nel 2012, da un agguato a colpi di pistola e coltello organizzato da una banda concorrente di albanesi. Il suo locale notturno è stato sequestrato, insieme a un altro e a 14 auto, beni che gli inquirenti ritengono siano stati acquistati con i proventi delle attività illecite.

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