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La nuova formulazione del 603-bis si è rivelata utile soprattutto nelle inchieste relative a casi meno palesi, ma non per questo meno gravi, che riguardano settori diversi da quello agricolo. L’attività di ricerca del centro “L’altro diritto”

Contrariamente a quanto normalmente si ritiene, la maggior parte degli stranieri vittime di sfruttamento sono regolari, non pochi non sono propriamente “stranieri”, in quanto cittadini dell’Unione europea, e non è trascurabile tra essi la presenza di lavoratori italiani sfruttati. Nelle 46 inchieste (intraprese da 16 procure) monitorate dal centro interuniversitario di ricerca “L’altro diritto”, 5 vedono coinvolti, come lavoratori sfruttati, cittadini italiani, sovente impiegati congiuntamente ad altri lavoratori stranieri.

In linea con quanto segnalato da molti rapporti delle Nazioni Unite, i soggetti in attesa di una decisione sulla protezione internazionale appaiono particolarmente vulnerabili ed esposti allo sfruttamento. In un’inchiesta a Cosenza è lo stesso gestore del centro di accoglienza a essere imputato per sfruttamento. Ma, al di là di questo caso eclatante, i richiedenti asilo sono spesso sfruttati nelle fabbriche tessili a conduzione cinese nel Pratese e nel Napoletano e in agricoltura.

Nonostante l’articolo 603-bis del codice penale, rubricato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, sia stato introdotto nel 2011 in reazione a gravi episodi di sfruttamento del lavoro agricolo verificatisi nel Sud Italia e modificato dalla legge 199/2016, rubricata “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, delle 46 inchieste oggetto di monitoraggio 19 procedimenti concernono fatti verificatisi nel Centro-Nord, e ben 12 attengono a comparti produttivi diversi da quello agricolo.

La nuova formulazione del 603-bis, che ha svincolato la persecuzione dello sfruttamento dall’intermediazione del caporale, si è rivelata utile soprattutto nelle inchieste relative a casi di sfruttamento meno palesi – ma non per questo meno gravi – che riguardano settori diversi da quello agricolo, in cui l’abuso perpetrato in danno del lavoratore si cela dietro un velo di legalità. Significativo è il caso della procura di Prato, che unitamente alla procura di Napoli, per combattere lo sfruttamento dei lavoratori nelle aziende tessili, prevalentemente a conduzione cinese, sembra avviarsi a fare un uso consistente di questo articolo, grazie alla sua nuova formulazione che, a differenza della vecchia, consente di perseguire il datore di lavoro a prescindere della presenza dell’intermediazione.

 

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