Corriere della Sera
La. ted.
Attività a luci rosse a Zevio e Lavagno. In carcere due donne e due uomini, tutti cinesi, accusati di sfruttamento della prostituzione
VERONA – Quando i carabinieri di San Martino Buon Albergo si sono presentati davanti a quei due sedicenti centri «estetici» in quel di Zevio e Lavagno, la situazione è apparsa loro subito chiara. Perché, effettivamente, si trattava di strutture finalizzate al «benessere» della persona: peccato però che – stando alla ricostruzione delineata dalla procura veronese (a condurre l’inchiesta è il pubblico ministero Simona Macciò) -, fosse in realtà un benessere «in senso lato». Ovvero, in altre parole, non limitato a massaggi e trattamenti estetici, ma esteso anche – e naturalmente a pagamento – a prestazioni a luci rosse. A fronte della duplice ipotesi di reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, dunque, lo scorso fine settimana sono scattate immediatamente le manette nei confronti di cinque cittadini di origini cinesi ma da anni, ormai, residenti in terra scaligera.
Tre uomini e due donne che, lunedì mattina, sono stati sottoposti all’udienza di convalida delle rispettive misure restrittive davanti al giudice per le indagini preliminari Laura Donati: difesi dagli avvocati di fiducia Stefano Cuoghi e Vittorio Ciccolini, alla fine in quattro sono usciti dal carcere di Montorio (due si trovano ora agli arresti domiciliari, altrettanti risultano sottoposti alla sola misura cautelare dell’obbligo di firma) mentre solo uno del «gruppetto», al termine dell’interrogatorio di ieri in cella, si è visto confermare la detenzione dietro le sbarre. Da sottolineare anche che, come sempre avviene in questi casi, entrambi i centri estetici sono stati subito sottoposti al provvedimento di sequestro. Ad attivare l’intervento nelle scorse ore da parte dei militari dell’Arma, erano stati alcuni esposti-denuncia che denunciavano uno «strano» via-vai dalle strutture. Ambedue i centri, di fatto, risultano riconducibili alla stessa società, la Yang Sheng Fang sas, gestita però non dalle cinque persone finite in carcere, ma da una sesta persona. Stando a quanto appurato dagli investigatori, che hanno «interrogato » alcuni clienti delle due strutture, per un trattamento «completo», quindi con risvolti «osé» compresi, sarebbe stato necessario sborsare tra gli ottanta e i cento euro. Ottenendo, in cambio, un’ora di «piacere» ma anche la relativa ricevuta fiscale.