Gli affiliati costretti a versare 50 euro ai vertici del clan per «affittare» le piazzole destinate alle ragazze
Una maxi-operazione condotta nella notte tra giovedì e venerdì dai carabinieri di Cantù e coordinata dalle Procure di Como e Monza ha sgominato un’organizzazione accusata di controllare la prostituzione sulle strade delle due province. Sono finiti in manette 13 uomini di origine albanese, operativi in Lombardia ma con base a Durazzo, loro Paese di origine, dove venivano studiate le mappe del territorio e suddivise le zone via per via. Quasi una setta, più ancora che una rete malavitosa, vista la struttura piramidale e rigidamente gerarchica portata alla luce dalle indagini. In pratica i boss – dopo aver selezionato, spesso con metodi violenti, le ragazze in Albania – le vendevano letteralmente agli affiliati della banda in Italia. Poi, dalla madrepatria, i vertici albanesi coordinavano il lavoro sul campo dei protettori di livello inferiore trasferitisi in Italia.
CLAN FAMILIARI – Dalle indagini condotte dagli inquirenti è emerso anche il forte legame familiare che contraddistingueva diversi componenti delle due organizzazioni. Si trattava, in sostanza, di veri e propri clan guidati da fratelli, cugini, padri e figli, «impermeabili» a eventuali infiltrazioni esterne, spietati nella gestione delle ragazze e soprattutto capaci di assicurare ai capi in Albania un controllo diretto e giornaliero dei marciapiedi delle strade brianzole.
LE TANGENTI AI BOSS – Durante le indagini è stato accertato anche il fondamentale ruolo tra gli arrestati di due donne, nel doppio ruolo di prostitute e di sentinelle del loro «territorio», attente a non fare accedere nelle loro zone altre prostitute non aderenti alla banda, a meno che non pagassero veri e propri affitti (mediamente di 50 euro) per stare in un posto preciso. Queste tangenti venivano poi girate direttamente ai boss dell’organizzazione. Altro elemento importante emerso nel corso dell’indagine è stata l’individuazione tra gli sfruttatori delle prostitute di un gruppo di ladri. Una parte degli 11 uomini della banda, infatti, è risultata autrice di vere e proprie razzie compiute in appartamenti delle province di Como, Monza, Sondrio, Verona e Brescia tra agosto e novembre 2013. Gli sfruttatori, poi, oltre a girare buona parte dei proventi dell’attività criminale, dovevano anche versare una media di 50 euro ai loro «principali» per affittare le piazzole all’aperto dove costringevano le giovani schiave a prostituirsi sulla base di tariffari rigidissimi.
SOSPETTI SU UN OMICIDIO – Peraltro, alla stessa organizzazione albanese sembra riferibile un omicidio avvenuto la scorsa estate a Seveso (MB), dove un connazionale degli arrestati venne freddato per un regolamento di conti sempre legato al controllo della prostituzione sul territorio. Identico legame esisterebbe per un recente agguato ai danni di un altro albanese avvenuto questa volta in provincia di Como. Nel corso delle indagini, tra l’altro, moltissimi clienti delle prostitute sono stati identificati nel corso di appostamenti e controlli a distanza e nei prossimi giorni, potrebbero essere chiamati a testimoniare agli eventuali processi a carico degli arrestati. (ha collaborato Riccardo Rosa)