Ho visto migranti trattati come schiavi nelle mani delle milizie libiche

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Left

Le foto di Narciso Contreras sono un atto d’accusa incontrovertibile. La Libia è ormai una prigione a cielo
aperto dove i migranti vengono bloccati e sottoposti a ricatti e violenze inenarrabili. Il reportage Lybia: A
Human Marketplace racconta come la Libia – con cui l’Italia ha stipulato un’intesa per il controllo del
fenomeno migratorio (v. il prossimo numero di Left) – «invece di essere un luogo di transito per i migranti
nel loro cammino verso l’Europa sia diventata effettivamente un mercato del traffico dove le persone
vengono comprate e vendute quotidianamente». A parlare è Emeric Glayse, direttore del Prix Carmignac. Il
prestigioso premio di fotogiornalismo creato dalla omonima Fondazione nel 2009 con l’obiettivo di
investigare le aree del mondo dove vengono violati i diritti umani, per la prima volta ha sostenuto il lavoro di
un fotografo mentre si trovava all’opera, mettendo in collegamento gli operatori sul territorio, gli analisti e le
Ong. Dopo sei mesi di lavoro ecco Lybia: A Human Marketplace la mostra itinerante che si conclude sabato
13 maggio a Palazzo Reale a Milano (dopo Parigi) e che in seguito toccherà Londra. Sulla situazione in Libia
e sul suo modo di lavorare, abbiamo rivolto alcune domande a Narciso Contreras.
Quando ha pensato e si è accorto che la Libia non era solo un percorso per migranti verso destinazioni
europee, ma l’area principale per il traffico di esseri umani?
Non si tratta solo di quello che penso, ma di quello che ho visto e documentato. Ho iniziato un progetto in
Libia in seguito all’ipotesi di una crisi di migranti umanitari nel bel mezzo di un conflitto tribale nel Paese
nordafricano. Leggi…

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