Viaggio nella disperazione del Casertano. I rom bulgari (regolari) pagati 2 euro all’ora, i minori appena 1. L’impegno della Chiesa: servizio mensa con la Caritas
Sono le 4.45, ed è ancora buio a Mondragone. Eppure in via Razzino, sotto quattro palazzoni rossicci c’è già un gran movimento. Centinaia di persone, soprattutto donne, alcune molto giovani, sono sedute a gruppetti sul bordo del marciapiede. Hanno zainetti e borsoni. Ogni tanto si ferma un pullmino o un furgone. Salgono e via. Uno, due, dieci, venti e più volte. È il mercato delle braccia. Braccia bulgare. Braccia rom. Vittime di caporali bulgari e italiani. Sfruttati da imprenditori italiani. Un caso unico in Italia (solo a Borgo Mezzanone nel Foggiano, ce n’è uno analogo ma molto minore).
Più di 2mila persone che da quattro anni lasciano la Bulgaria, in particolare la regione di Sliven, per raggiungere la cittadina sul litorale domitio casertano. Duemila persone su 30mila abitanti, una presenza che non passa inosservata. In gran parte per 4-5 mesi, altri fino a 8-9, qualche centinaio stanziali. Arrivano famiglie intere, bambini compresi, quasi tutti vivono dei ‘palazzi Cirio’, quattro edifici di dieci piani, fine anni ’70. Fortemente degradati, fuori (i balconi perdono pezzi) e dentro. Proprietari italiani che si fanno pagare, ovviamente in nero, almeno 100 euro a persona al mese.
Tutto fuori legge. Così in un appartamento arrivano a vivere anche 10-15 persone, magari in subaffitto tollerato, come ci racconta il vicario generale della Diocesi di Sessa Aurunca, don Franco Alfieri, per quaranta anni parroco di questa zona. Palazzi che dovevano essere abbattuti o almeno sequestrati e che invece sono diventati un’isola bulgara in terra campana.